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Mafia Capitale, tutto quello che è successo dopo l’inchiesta

La bomba giudiziaria esplosa a Roma con l’inchiesta “Mondo di mezzo” che ipotizza un metodo mafioso per ottenere contributi e appalti pubblici ha travolto il mondo politici, manager pubblici, imprenditori e coinvolto (seppur in mainiera marginale) personaggi dello spettacolo.
A cura di Valerio Renzi
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Lo scorso 2 dicembre Roma si è svegliata investita da una tempesta giudiziaria: 37 arresti e 100 indagati per diversi reati, tutti con l'aggravante del 416 bis, ovvero l'associazione mafiosa. In manette o sotto inchiesta finiscono politici di centrodestra e centrosinistra, uomini delle coop rosse, funzionari pubblici e nomi vecchi e nuovi della malavita romana, estremisti di destra al confine tra militanza neofascista e criminalità organizzata. Mano mano che passano le ore e i contorni dell'operazione si fanno più chiari, la città e il paese rimangono sbigottiti.

Gli indagati di Mondo di Mezzo

Tra gli indagati figurano l'ex sindaco Gianni Alemanno e il suo capo gabinetto Antonio Lucarelli, il consigliere regionale di Forza Italia Luca Gramazio, l'assessore alla casa della giunta Marino Daniele Ozzimo (Pd), e altri due esponenti democratici Mirko Coratti e Eugenio Patanè. La politica da destra a sinistra è travolta. In carcere tra gli altri finiscono Massimo Carminati (ex Nar vicino alla Banda della Magliana) e Salvatore Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno legata Legacoop; ci sono poi l'ex Ad di Ama Franco Panzironi, l'ex numero uno di Eur Spa Riccardo Mancini e l'ex capo gabinetto di Veltroni Luca Odevaine. In manette diversi altri esponenti del mondo della cooperazione sociale, dirigenti dell'amministrazione comunale e delle aziende municipalizzate.

Le parole del procuratore capo Giuseppe Pignatone

A fare chiarezza la conferenza stampa del procuratore capo Giuseppe Pignatone che descrive quelle che gli inquirenti hanno chiamato Mafia Capitale, un'organizzazione "originaria" e "originale": non si tratta di una mafia d'esportazione ma di una mafia romana, diversa dalle altre ma un sodalizio criminoso  con caratteristiche senza ombra di dubbio mafiose. "La mafia a Roma c'è", annuncia solenne Pignatone andando con il pensiero a chi fino all'altro ieri ha negato l'esistenza della mafia a Roma: uomini delle istituzioni ma anche delle forze dell'ordine e della stessa società civile. Il procuratore spiega anche il nome dell'operazione denominata "Mondo di mezzo", un'espressione utilizzata da Massimo Carminati per descrivere quel luogo dove si incontra il "mondo di sopra", insospettabili politici e imprenditori, con il "mondo di sotto" della criminalità, per fare affari. Ed è proprio in quel "mondo di mezzo" di contatti, relazioni e faccendieri che si muove con spregiudicatezza l'organizzazione diretta dallo stesso Carminati.

Mafia Capitale: le mani sugli appalti per immigrati e rom

Il principale affare della Mafia Capitale erano gli appalti pubblici, da Ama a Eur Spa, fino ai fondi per l'emergenza Nord Africa e il Piano Nomadi. Milioni di euro di risorse pubbliche sarebbero stati diretti verso le cooperative facenti capo a Salvatore Buzzi, grazie ad una pesante opera di lobbying, e in qualche caso di intimidazione, associata al pagamento di mazzette. Non importava se a governare ci fosse il centrodestra e il centrosinistra, la Mafia Capitale era pronta a fare affare con tutti, spesso sulla pelle degli ultimi rifugiati, rom, richiedenti asilo. Accanto alle commesse pubbliche c'erano anche altre attività dirette da Carminati: estorsioni, inquinamento del tessuto economico legale con il riciclaggio e le pressioni sugli imprenditori.

La figura di Salvatore Buzzi

Salvatore Buzzi è un uomo conosciuto da tutti a Roma, attorno al suo tavolo riunisce politici di centrodestra e centrosinistra. Lo stesso Ignazio Marino con il suo vice Nieri l'hanno incontrato più volte in campagna elettorale e dopo l'elezione. Buzzi è un ex detenuto modello, la sua era per molti una storia di redenzione e successo: da omicida a imprenditore di successo che aiuta altri ex detenuti a reinserirsi nel mondo del lavoro. Legacoop ha preso le distanze da uno dei suoi soci più in vista nella Capitale, difendendo il mondo della cooperazione sociale per la maggior parte "sano". Sul piede di guerra anche il lavoratori della cooperativa 29 giugno che temono per il loro posto di lavoro e si sentono ingannati dai loro dirigenti: proprio per questo il prossimo mercoledì manifesteranno in Campidoglio.

Il ruolo di Massimo Carminati

Ai sui ordini Carminati aveva un piccolo esercito di fedelissimi, molti dei quali provenienti dalle file dell'estremismo di destra. Era proprio lui il ‘Cecato' a cui è stata ispirata la figura del ‘Nero' di Romanzo Criminale al vertice dell'organizzazione. Discreto e prudente, si relazionava alla pari con le altre mafie che agiscono sulla Capitale, a iniziare dal clan di Camorra dei Senese. Dalle carte dell'inchiesta esce in maniera abbastanza precisa la cartografia delle holding criminali di Roma: dalla Camorra al clan Casamonica, dai rapinatori di strada ai professionisti compiacenti.

Le ripercussioni sul Comune di Roma e su Ignazio Marino

Ma le ripercussioni dell'inchiesta "mondo di mezzo" hanno investito non solo il mondo della criminalità ma anche la politica, scopertasi così permeabile all'infiltrazione mafiosa. Il sindaco Marino, che stava vivendo un momento di estrema difficoltà del suo mandato attaccato in primis dal suo partito, sembra essere stato rimesso in sella proprio dall'inchiesta: "un marziano in Campidoglio", si è autodefinito più di una volta, un marziano che avrebbe agito in discontinuità con il malaffare imperante. Ma gli attacchi al primo cittadino non sono mancati: Lega e M5S chiedono a gran voce le dimissioni del primo cittadino, arrivando ad occupare lo scorso venerdì la sala del consiglio comunale; lo stesso hanno fatto Silvio Berlusconi e Matteo Salvini.

Ma Marino non sembra avere nessuna intenzione di lasciare e, mentre il Prefetto Pecoraro valuta se assegnarli o meno una scorta, lui si dice determinato ad andare avanti. Proprio ieri ha ribadito davanti alla platea dei Giovani democratici: "Roma non è una città di mafiosi". Intanto Marino ha disposto la rotazione obbligatoria per tutti i dirigenti comunali.

Le decisioni di Matteo Renzi

Matteo Renzi  il Pd non sono stati a guardare, arrivando alla scelta di commissariale il Partito democratico di Roma: a reggere le redini della transizione il presidente del Pd Matteo Orfini. Mentre il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone annuncia l'arrivo di esperti in Campidoglio per vagliare appalti e procedure, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha deciso di bloccare l'assegnazioni delle gare d'appalto fino alla conoscenza dei risultati di un'indagine interna. Ora la palla sul futuro dell'amministrazione capitolina è però in mano al Prefetto Pecoraro che carte alla mano avrà tre opzioni: "O un accesso agli atti, o lo scioglimento o una terza via che prevede di non intervenire essendo in corso l'attività giudiziaria".

Il ruolo dei personaggi dello spettacolo: da Mammucari a De Rossi

Non solo i vecchi boss della mala romana, discreti e allergici ai riflettori. Nell'inchieste emerge anche una figura nuova di criminale. Si chiama Giovanni De Carlo, detto ‘Giovannone'. Lui non ha il classico pedigree del bandito romano, niente carcere ne rapine, una fedina penale immacolata e la passione per il lusso e le feste. Giovannone è l'amico dei vip, dalle intercettazioni risulterebbe come a lui si rivolgessero personaggi dello spettacolo (che non risultano indagati in nessun modo) come Teo Mammuccari e Gigi D'Alessio, o calciatori come Daniele De Rossi. Se Mammuccari si sarebbe rivolto a lui per trovare dei prodotti dopanti, D'Alessio lo chiama subito dopo che la sua villa romana è stata svaligiata. De Rossi invece chiedeva una mano all'amico nel cuore della notte dopo una lite in discoteca.

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