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Non per tutti c’è un’alternativa al trasporto pubblico: nella Fase 2 le periferie diventano ghetti

Roma è una città cresciuta in maniera disordinata, dove la rete di trasporto pubblico è insufficiente ma in molti non possono farne a meno. In particolare gli abitanti delle periferie fuori e dentro il Raccordo, che ora rischiano di rimanere sempre più isolati a causa delle regole di distanziamento sociale che impongono il contingentamento a bordo di bus e metro.
A cura di Valerio Renzi
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La fila per prendere la metro ad Anagnina
La fila per prendere la metro ad Anagnina

Non per tutti esiste un'alternativa al trasporto pubblico. Per decine di migliaia di lavoratori che vivono nelle periferie romane dentro e fuori il Grande Raccordo Anulare è impossibile muoversi senza prendere, bus, metro, treni per raggiungere il posto di lavoro o i servizi più essenziali. Sono gli abitanti delle nuove borgate e delle tante città satellite diventate ormai parte integrante della città in una crescita urbanistica disordinata che ha fatto di Roma una città slabbrata, come la definisce Walter Tocci, con un tessuto urbanistico disomogeneo e scollegato, fatto di monadi non comunicanti tra di loro. La rete di trasporto pubblico non è cresciuta con la città, è arrivato sempre dopo. Una temporalità sfasata che ha fatto di Roma una città dove i tempi di percorrenza sono lunghissimi, dove chi non ha (almeno) un mezzo di trasporto privato o compie un'eroica rinuncia o non ha i mezzi per disporne.

Oggi, con le misure di distanziamento sociale imposte per limitare il contagio del coronavirus anche per i mezzi pubblici, le periferie della capitale rischiano di diventare dei ghetti e i suoi abitanti di vedere drasticamente peggiorare le proprie condizioni di vita. Se prima di viaggiava su mezzi malconci e vecchi, in perenne ritardo e schiacciati come sardine, ora il rischio è che spostarsi dal proprio quartiere diventi difficile e lungo, lunghissimo, tra code, tempi di trasporto e traffico. Già la settimana scorsa alle 5.00 del mattino abbiamo incontrato lavoratori in fila già dalle 4.00 per essere certi di arrivare in tempo a lavoro. Per addetti delle pulizie, impiegati nel commercio e nella distribuzione, spesso precari e mal pagati non c'è alternativa.

Servirebbe, come minimo, un aumento significativo dei mezzi in circolazione su ogni tratto e già questo non sarebbe sufficiente. La sindaca Virginia Raggi ha annunciato l'impiego di bus turistici per rafforzare la flotta Atac, ma non basta. La realizzazione di nuove piste ciclabili, lo sharing di monopattini elettrici e gli incentivi per bici e monopattini sono importanti ma non possono di certo risolvere da soli il problema. Ma il tema è serio: gli abitanti delle periferie sono sempre più isolati dal resto della città, con effetti che non possono che essere negativi non solo per chi vede aumentare esponenzialmente il già lungo tragitto verso il posto di lavoro, ma per la coesione sociale e le opportunità di tutti gli uomini e le donne di ogni età che abitano il mosaico della periferia romana.

Ricucire il tessuto urbano di Roma è una sfida enorme, che la giunta Raggi non è stata neanche in grado di individuare con chiarezza nella sua agenda. Ma anche con un'azienda del trasporto pubblico ridotta alla gestione dell'esistente, incapace di mettere in campo politiche a lungo termine, è necessario che l'emergenza non si trasformi in una normalità fatta di ulteriore isolamento.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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