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Un anno fa Virginia Raggi diventava sindaca di Roma: da una nuova speranza alle sabbie mobili

Un anno fa esatto Virginia Raggi stravinceva le elezioni comunali a Roma, stracciando l’avversario del Partito democratico Roberto Giachetti con il 67% dei consensi.
A cura di Valerio Renzi
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Un anno fa Virginia Raggi stravinceva le elezioni comunali a Roma, stracciando l'avversario del Partito democratico Roberto Giachetti con il 67% dei consensi. Il 19 giugno 2016 la prima grande vittoria del Movimento 5 stelle, attorno alla prima donna sindaco di Roma tutto lo stato maggiore del MoVimento. Ad attendere lo storico risultato Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco e tanti altri big. C'è anche Davide Casaleggio. Grillo, come di consueto, attende all'Hotel Forum. Tutti pronti a stringersi attorno alla vincitrice, flash e brindisi. Ne prenderanno nei mesi successivi quanto più possibile le distanze, allontanandosene uno a uno. Facendo spallucce, minacciando di staccare la spina, sostenendo di non saper nulla di cosa accade a Roma, o al contrario asserendo poco convinti che va tutto bene.

La giovane avvocatessa di Roma Nord, già consigliera d'opposizione, arriva al traguardo tutto d'un fiato, raccogliendo attorno a sé grandi speranze. Più ci si allontana dal centro storico per andare verso il Grande Raccordo Anulare, più i consensi al Movimento 5 stelle aumentano: i cittadini chiedono a gran voce di cambiare pagina, di mandare a casa la classe politica che ha prodotto Mafia Capitale, volti e nomi nuovi. Ma vogliono anche il ritorno della capitale alla normalità: una città dove i mezzi pubblici funzionino, dove l'immondizia non si accumuli per strada e l'asfalto non sia una groviera di buche.

Cosa rimane un anno dopo di quelle grandi speranze? Poco o nulla. Per capirlo non serve leggere i sondaggi, che danno pure il gradimento di Virginia Raggi in caduta libera. Anche il Movimento 5 stelle è finito impantanato nelle sabbie mobili di Roma, non riuscendo a rispondere alle grandi aspettative delle centinaia di migliaia di elettori, che pure hanno trovato il coraggio di andare alle urne dopo che l'inchiesta ‘Mondo di Mezzo', che ha scoperchiato quel verminaio di intrecci perversi tra politica, imprenditoria e criminalità.

Certo, guai che vengono da lontano non si risolvono in pochi mesi. Servono progetti di medio periodo e il coraggio di portarli avanti. Servono idee, e soprattutto bisogna fare i conti con le casse vuote, i diktat del pareggio di bilancio e i tagli lineari agli enti locali. Serve il coraggio e la determinazione politica di spingersi più in là, di forzare le regole, di mobilitare la città. E proprio questo è mancato al Movimento 5 stelle e alla sindaca Raggi: sono rimasti arroccati nel palazzo, lontani dalle strade e dalla gente, non si sono fatti capire. Chiusi in un dibattito imperscrutabile, illeggibile e incomprensibile per i cittadini.

Altro che Campidoglio trasformato in una casa di vetro: intrighi, vertici segreti, lotte fratricide svolte in chat e in processi sommari di fronte ai big del MoVimento. Anche le scelte più importanti prese in questo primo anno, il ‘no' alle Olimpiadi e la revisione del progetto dello Stadio della Roma non si capisce dove e da chi sono state prese, escludendo la città dal dibattito, ma anche la stessa base pentastellata.

E poi la scelta incomprensibile di difendere fino all'ultimo Raffaele Marra e Salvatore Romeo, i due dirigenti che hanno messo nei guai la Raggi, facendola finire addirittura indagata falso per abuso di ufficio. Proprio quello che la nuova politica avrebbe dovuto evitare, finendo invece per assomigliare sempre di più alla vecchia. Il mito della superiorità morale dei "cittadini" arrivati al potere contro la "casta" dei partiti infranto in una manciata di giorni. I quattro amici al bar che l'hanno portata alla conquista delle comunarie prima e del Campidoglio dopo, assieme al fedelissimo Daniele Frongia. La sindaca è apparsa debole, in mano a funzionari ambiziosi, ad azzeccagarbugli di medio calibro, faccendieri a cui deve molto, forse troppo, nella sua scalata. L'immagine della parvenu ne è uscita irrimediabilmente appannata, isolando sempre di più il palazzo da quel popolo che sperava in un cambio di rotta. Sono emersi così anche tutti i limiti del Movimento 5 stelle: la mancanza di una classe dirigente, di quadri politici e di radicamento nei quartieri.

A Virginia Raggi e il Movimento 5 stelle rimangono quattro anni in Campidoglio, quattro anni cruciali per il futuro della città, al bivio tra un possibile rilancio e l'irrimediabile declino di Roma in una provincia culturale ed economica. Di tempo per cambiare rotta ce n'è ancora tanto, e allora basta dare la colpa a quelli che c'erano prima: le cose non si cambiano non da un giorno all'altro, certo, ma da qualche parte bisognerà pur iniziare.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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