In un palazzo vuoto di via Curtatone, all'angolo con piazza Indipendenza due passi dalla Stazione Termini, da quattro anni centinaia di rifugiati somali ed eritrei, tra cui moltissimi minori, avevano trovato una casa negli uffici ormai abbandonati. L'occupazione, sostenuta dai movimenti per il diritto all'abitare, è stata sgomberata questa mattina da centinaia di agenti in tenuta antisommossa. Le operazioni si sono svolte in maniera pacifica, qualche momento di tensione si è registrato solo al termine. Il palazzo ospitava la sede di Federconsorzi ed è poi passato nel fondo immobiliare Fimit ed era stato posto sotto sequestro preventivo dal tribunale di Roma.
Momenti di tensione tra polizia e rifugiati
Uomini, donne e bambini sono usciti ammassando valigie e oggetti di ogni genere in strada, mentre pullman della polizia e anche mezzi di linea dell'Atac messi a disposizione dall'amministrazione, procedevano con trasferire moltissimi degli occupanti negli uffici immigrazione della questura di Roma. Uno sgombero che segue quello della scorsa settimana a Cinecittà, dove gli occupanti (ora accampati di fronte alla chiesa di Santi Apostoli di fronte alla Prefettura) hanno resistito diverse ore asserragliati sul tetto. Momenti di tensione anche a piazza Indipendenza, dove i rifugiati hanno bloccato la circolazione chiedendo di non essere abbandonati in mezzo alla strada.
Bus Atac utilizzati nelle operazione di sgombero
Sul posto diversi a sostenere i rifugiati diversi attivisti delle associazioni antirazziste e i movimenti per la casa, che raccontano la totale latitanza delle istituzioni questa mattina in piazza Indipendenza. L'unica presenza tangibile del comune di Roma era rappresentato dai bus Atac utilizzati per il trasferimento nel centro d'identificazione di Tor Cervara.
Il comune rinuncia a risolvere i problemi e crea nuove emergenze
Il rischio, in questo agosto terribilmente caldo, è che alle emergenze che già esistono se ne aggiungano altre. Come nel caso degli sgomberi del presidio di Baobab alla stazione Tiburtina o dello stabile di via Vannina sulla Tiburtina, operazioni come questa rischiano di moltiplicare i problemi e di peggiorare le condizioni di vita di soggetti fragili e che hanno diritto all'accoglienza. Non solo perché presidi e insediamenti abitativi come quelli di piazza Indipendenza garantiscono, seppur in maniera precaria, il diritto ad avere un tetto sopra la testa, ma soprattutto perché consentono il monitoraggio di quanto accade e la presenza delle istituzioni (se solo volessero). I problemi di "degrado" dell'ambiente cittadino e di sicurezza urbana non possono che peggiorare facendo diventare invisibili centinaia di persone. Questo se non si vuole mettere in cima alle priorità la tutela dei diritti umani.