Un anno fa Roma si svegliava coperta da una nube di fumo tossico: un incendio stava devastando il Tmb Salario. Ci vorranno oltre 72 ore perché gli ultimi focolai sotto la cenere si spengano, con i vigili del fuoco a lavoro giorno e notte. Finiva nel peggiore dei modi, con un rogo che per gli inquirenti è di natura dolosa e di cui ancora non si conoscono i responsabili, la storia di un impianto che per anni ha reso un inferno la vita degli abitanti di Villa Spada e Fidene, a causa della puzza nauseabonda che impregnava ogni cosa, facendo temere i cittadini anche per la loro salute. Una struttura di proprietà Ama che, quando è andata a fuoco, era una sorta di discarica temporanea dove i rifiuti venivano ammassati per sopperire alle difficoltà di smaltimento, tanto che si erano verificati nei mesi precedenti numerosi incidenti denunciati dai sindacati.
Oggi, a un anno di distanza, dell'area dove il Tmb è andato in fiamme, ancora non si sa che fine farà e versa in uno stato di sostanziale abbandono. Ci sono voluti mesi e nuove proteste dei comitati di quartiere e delle istituzioni locali perché Ama chiedesse la revoca dell'AIA e la Regione Lazio la recepisse, così da fugare ogni dubbio sulla parola fine alla destinazione industriale della zona. Prima Virginia Raggi ha presentato un fantasmagorico piano – con tanto di render dettagliatissimi – che si è scoperto non essere altro che una tesi di laurea.
Poi la presidente di Ama Luisa Melara, prima delle dimissioni arrivate dopo la rotta completa tra il management e la giunta pentastellata, aveva presentato un ambizioso progetto in collaborazione con l'Enea per farne un polo della ricerca green e un hub logistico per Ama. Un progetto che però sembra rimasto lettera morta con le dimissioni di Melara e del resto del cda. Come se non bastasse l'officina è stata chiusa da parte dall'Asl per problemi di sicurezza sul lavoro dopo un esposto del sindacato, proprio mentre l'azienda ha grossa difficoltà a fare la manutenzione e mandare su strada un numero di mezzi adeguato.
Ora rimane solo la vaga idea di farne il centro direzionale per l'azienda pubblica che gestisce i rifiuti di Roma. Ma ancora non esiste un impegno diventato un atto di qualsiasi genere, non un euro a bilancio. Quello che rimane sono le rovine di un impianto abbandonato, mentre i cittadini che così a lungo hanno sofferto sperano che dalla riconversione dell'area possa arrivare un risarcimento per gli anni costretti chiusi in casa.