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Opinioni

Sullo stadio della Roma la sindaca Virginia Raggi si deve assumere le sue responsabilità

A due anni dall’elezione in Campidoglio Virginia Raggi si deve prendere le proprie responsabilità, politiche beninteso, a cominciare dall’inchiesta sull’iter di approvazione del progetto dello stadio della Roma, che ha coinvolto anche esponenti del Movimento 5 stelle e il presidente di Acea nominato dalla sindaca. Non è più possibile dire “è colpa di quelli di prima” o addossare la responsabilità degli errori ad altri.
A cura di Valerio Renzi
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Virginia Raggi non era in consiglio comunale oggi pomeriggio, tanto da provocare l'interruzione dell'Assemblea Capitolina da parte delle opposizioni, che hanno pretesto l'intervento della prima cittadina dopo il terremoto politico giudiziario che ha scosso ieri la capitale. Nove arresti per corruzione: in carcere sono finiti l'imprenditore Luca Parnasi e cinque collaboratori, ai domiciliari il presidente di Acea Luca Lanzalone, il consigliere regionale di Forza Italia Adriano Palozzi e l'ex assessore del Pd alla Pisana Michele Civita. Indagato anche il capogruppo in Campidoglio del Movimento 5 stelle Paolo Ferrara. L'inchiesta riguarda l'iter di approvazione del progetto per il nuovo stadio della Roma a Tor di Valle, così come concordato tra l'amministrazione Raggi, la società giallorossa e la società Eurnova di Parnasi.

L'imprenditore avrebbe oliato con benefit, finanziamenti e favori i vari riferimenti politici, con l'obiettivo di velocizzare e non avere intoppi nell'approvazione del progetto. Di fronte a un'inchiesta esplosa come una bomba la sindaca ha fatto sostanzialmente spallucce, come si dice a Roma. Ieri si è limitata a dire (e ci mancherebbe altro) che "chi ha sbagliato pagherà". Oggi se l'è presa con i giornali: "La rassegna stampa è vergognosa, io non c'entro niente e non c'è un giornale che abbia avuto il coraggio di riportare questa notizia. Il Comune, i romani e la As Roma sono la parte lesa. Oggi partono le querele". In ogni modo insomma, ha tentato di schivare le responsabilità – politiche beninteso non giudiziarie – di quanto sta accadendo.

Il fatto che non abbia scelto lei l'avvocato Lanzalone non è un merito, ma un'aggravante, visto che gli sono stati affidati prima il dossier stadio e poi la guida di Acea. A Lanzalone Parnasi aveva promesso 100.000 euro di consulenze, mentre il capogruppo Paolo Ferrara, secondo le risultanze investigative, avrebbe ricevuto (gratis) un progetto di restyling per il municipio di Ostia, suo feudo elettorale. E sono solo due degli esponenti della galassia pentastellata coinvolti a vario titolo. Ora saranno i giudici a stabilire le responsabilità penali, che sono ovviamente personali. Ma poi rimangono quelle politiche, e chi altro dovrebbe assumersele queste se non la sindaca? Quando con le inchieste della procura di Roma è venuto alla luce che un gruppetto di potere – capitanato da Raffaele Marra e Salvatore Romeo – si era insediato all'ombra di Virginia Raggi, questa li ha difesi fino all'ultimo, a discapito di altre figure della giunta che alla fine se ne sono andate sbattendo la porta. Poi, di fronte all'arresto di Marra, si è scusata in primis davanti agli elettori: "Ci siamo fidati e abbiamo sbagliato, dispiace nei confronti dei cittadini, del Movimento 5 Stelle e di Grillo che aveva sollevato perplessità". Ora di quella stagione rimane un procedimento per falso in atto pubblico a carico della sindaca.

A due anni dall'elezione in Campidoglio è arrivato il momento di prendersi le responsabilità. Sono lontani i tempi del plebiscito a furor di popolo arrivato sull'onda di Mafia Capitale, tra i supporter del MoVimento che scandivano "onestà, onestà". Non è più "colpa di quelli di prima", non è sufficiente dire "abbiamo sbagliato a fidarci", o accusare altri di scelte sbagliate, le scuse non servone. A nominare Lanzalone ad Acea, la più importante azienda municipalizzata di Roma, è stata la sindaca, non altri. A fare chiarezza sul ruolo per conto della maggioranza svolto da Paolo Ferrara in questa vicenda deve essere il M5s romano, ben prima dell'arrivo della sentenza.

Dopo aver sostenuto in campagna elettorale e all'opposizione che lo stadio della Roma non andava fatto, o almeno non nell'area di Tor di Valle, che si trattava di una speculazione, il Movimento 5 stelle ha cambiato direzione, scegliendo di trattare con i soggetti privati coinvolti una rimodulazione del progetto. Questo comportava una taglio significativo alle cubature, ma anche delle opere pubbliche. Inoltre l'area individuata rimaneva quella di Tor di Valle di proprietà Parnasi, nonostante le criticità denunciate (anche) dal Movimento 5 stelle. In definitiva di questa scelta e del come è accaduta che Virginia Raggi si deve assumere la responsabilità di fronte alla città. Altro che #unostadiofattobene, come twittava a una manciata di ora prima degli arresti.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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