Era il 15 aprile del 2013 e Ignazio Marino preparava la sua volata in bicicletta fino al Campidoglio. Uno dei passaggi più discussi di quella campagna elettorale andò in onda proprio quel giorno: il candidato del centrosinistra si presentò all'Assemblea dei soci di Acea, dopo aver acquistato una manciata di azioni, contestando la scelta di nominare i nuovi vertici dell'azienda municipalizzata a un mese dalle elezioni. Su Acea si stava combattendo una battaglia senza esclusioni di colpi: da una parte Alemanno, determinato a liquidare il 21% della società partecipata per fare cassa, dall'altra i comitati e l'opposizione (con il Pd in prima linea in aula), a difendere il risultato referendario del 2011 che stabiliva come l'acqua non solo dovesse rimanere un bene comune, ma che dovesse addirittura essere ripubblicizzata là dove fosse passata nelle mani dei privati. Alla finestra Francesco Gaetano Caltagirone e la multinazionale francese dell'acqua Suez, interessati ad allargare la loro presenza in Acea.
Il futuro sindaco di Roma solennemente dichiarava (e inseriva nel suo programma elettorale) davanti all'assemblea dei soci di Acea: “Voglio ricordare che gli italiani e i romani hanno votato per l’acqua pubblica ma con Acea stiamo assistendo alla privatizzazione di fatto di un bene comune. E questo non può essere consentito. Acea rappresenta una risorsa strategica per il Comune e deve tornare a produrre servizi efficienti e una classe dirigente che mette al centro il bene comune e non solo gli interessi privati. Voglio dire chiaramente che le ulteriori decisioni prese oggi non fanno altro che rafforzare la mia voglia di cambiare Roma e fare in modo che la mia candidatura sia al servizio di tutta la città contro l’arroganza di pochi”.
Privatizzazione di Acea Ato 2, operazione in perdita
Sono passati solo due anni ma sembra un'era fa. Il centrosinistra tornato in Campidoglio si è trovato impantanato in una città al collasso, Ignazio Marino non è riuscito a ridare lo slancio necessario ad entrare in sintonia con i cittadini e la sua stessa maggioranza. Poi sono arrivate le rivolte nelle periferie, il sindaco sembrava traballare sulla sua poltrona e l'esplodere dell'inchiesta su mafia capitale l'ha rimesso magicamente in sella, facendo passare tutto il resto in secondo piano, facendo apparire Marino come l'uomo nuovo, lontano dai tramacci di palazzo, dalle rendite di potere consolidate. Ma ora con il bilancio previsionale in discussione in questi giorni tutti i nodi potrebbero venire al pettine. Un bilancio fatto di tagli, dettato dalle regole del Salva Roma che ha imposto regole ferree per la spesa e il rientro di bilancio per evitare il commissariamento della città.
Così capita anche che si debba venir meno a qualche promessa fatta in pompa magna e tra le 27 società partecipate messe sul mercato finisca anche Acea Ato2 (con il voto contrario di Sel), le cui quote Roma Capitale ha deciso di cedere ad Acea Holding. Una scelta duramente contestata dal Coordinamento romano acqua pubblica, che denuncia come il comune “mette nello stesso calderone i servizi essenziali e i poltronifici”. Una scelta quella di disfarsi delle quote di Acea Ato 2 (l'azienda che si occupa della distribuzione del servizio idrico a Roma e provincia) che i comitati per l'acqua contestano anche dal punto di vista economico “il Consiglio comunale ha scelto di uscire dalla gestione diretta dell'acqua di Roma, perdendo, tra l'altro, 2 milioni di utili all'anno in cambio di 12 milioni una tantum”. Soldi che finiranno inghiottiti nella voragine del debito della città, mentre Acea Ato 2 per i cittadini romani sarà persa per sempre e tra soli 6 anni l'operazione sarà economicamente in perdita.
È solo l'inizio della privatizzazione dell'acqua a Roma?
Ma non finisce qui: Acea Holding vorrebbe gestire il servizio idrico in una macroregione del centro Italia, operazione permessa dal così detto Sblocca Italia, acquisendo così le quote di ogni Ato provinciale dai comuni che fino ad oggi le hanno detenute. Un'operazione per i comitati che si battono contro la privatizzazione dell'acqua che nasconde “una gigantesca opera di finanziarizzazione dell'acqua che inizia proprio con l'acquisizione da parte della holding delle quote dei singoli comuni, confinando quindi enti locali, lavoratori e utenti ad un ruolo sempre più secondario”.