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La morte dell'ultras Fabrizio Piscitelli a Roma

Omicidio Diabolik, incendiata ancora la panchina: solo ieri avevano fatto buco in testa alla sagoma

Incendiata ancora una volta la panchina dov’è morto Fabrizio Piscitelli e diventata luogo di pellegrinaggio di tifosi e amici di Diabolik. Solo ieri qualcuno ha fatto un buco in testa alla sagoma di cartone che ritraeva il capo degli Irriducibili con i caratteristici occhiali e cappellino, con in mano una sciarpa della Lazio.
A cura di Natascia Grbic
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La panchina dov'è stato ucciso Fabrizio Piscitelli
La panchina dov'è stato ucciso Fabrizio Piscitelli
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La panchina diventata simbolo dell'omicidio di Diabolik, stracolma di lettere, sciarpe della Lazio e omaggi dei tifosi, ha preso fuoco ancora una volta. L'ennesimo episodio di vandalismo avviene solo il giorno dopo l'ultimo sfregio fatto al memoriale di Fabrizio Piscitelli. Proprio ieri, infatti, qualcuno ha fatto un foro in testa alla sagoma di cartone che lo ritraeva con gli occhiali da sole e il caratteristico berretto, con in mano una sciarpa della Lazio e la scritta ‘Amore e Coraggio – il dodicesimo uomo in campo'. Solo giovedì scorso la panchina aveva preso fuoco: secondo quanto emerso dalle indagini, a scatenare le fiamme sarebbe stata una candela caduta a causa del vento. Il rogo è poi divampato per le numerose sciarpe e bandiere annodate portate da tifosi e amici di Piscitelli. Non si sa ancora se quest'ennesimo incendio sia doloso o meno. Dal giorno dell'omicidio, avvenuto il 7 agosto, la panchina dove Diabolik ha perso la vita è diventata meta di pellegrinaggio di moltissime persone, ma a quanto pare non tutti sono d'accordo con la presenza del memoriale al parco degli Acquedotti.

L'omicidio di Fabrizio Piscitelli, è ancora caccia al killer

Un colpo in testa sparato alle spalle, da sopra l'orecchio sinistro. Così è morto, praticamente senza accorgersene, Fabrizio Piscitelli, meglio conosciuto nel mondo ultras e non solo come Diabolik. Storico capo degli Irriducibili, ritenuto nelle indagini di Mafia Capitale a capo della cosiddetta ‘batteria di Ponte Milvio‘ per il controllo dello spaccio sul territorio, Piscitelli quel giorno si era recato a un appuntamento insieme alla sua guardia del corpo, assunta da appena dieci giorni. Qualcuno, un killer professionista, si è avvicinato da dietro facendo finta di correre e lo ha ucciso. Un colpo solo, sparato con sicurezza e andato a segno. Quel giorno sarebbe dovuto morire anche il bodyguard, ma la pistola si è inceppata e l'assassino è fuggito. Le indagini sono ancora in corso e puntano soprattutto al mondo della criminalità organizzata: ma adesso il killer non ha ancora un nome.

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