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Covid 19

“Non abbracciatevi” ma su bus e metro a Roma si viaggia come sardine

I romani vivono in una sorta di limbo. In attesa che la città si blocchi per impedire il contagio del nuovo coronavirus gli viene chiesto di modificare le abitudini individuali mentre la vita di tutti i giorni continua. Se è consigliabile prendere l’ascensore uno alla volta al momento è però inevitabile prendere bus e metro affollati per andare a scuola o a lavoro.
A cura di Valerio Renzi
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foto di repertorio
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Non abbracciatevi, tenetevi a una distanza di sicurezza di almeno un metro, non partecipare a eventi pubblici ed evitare i luoghi affollati. Sono alcuni dei sette comportamenti che la Regione Lazio invita i cittadini a tenere per limitare la diffusione del nuovo coronavirus a Roma e negli altri comuni della regione. A ieri sera i casi accertati nel Lazio sono stati 22, di cui due pazienti ormai negativizzati, ma la paura è che nelle prossime ore il contagio possa allargarsi portando così alla certificazione dell'esistenza di un nuovo focolaio.

Scuole e uffici rimangono per ora aperti. Ma quanto possiamo modificare i nostri comportamenti individuali in una città dove per muoversi non è possibile pensare di farlo per molti senza utilizzare il trasporto pubblico? Bus e metro, soprattutto per chi lavora o va a scuola nei quartieri più centrali della città sono una scelta obbligata. Nonostante in molti stiano privilegiando i mezzi di trasporti privati per compiere molti tragitti, questo non sempre è possibile e nell'ora di punta si viaggia in piedi come sardine.

Possiamo scegliere di salire uno per volta in ascensore (come consiglia il vademecum della Regione Lazio), possiamo rinunciare ad andare a un concerto, ma per uno studente non è possibile assentarsi dalla classe senza giustificazione o per un impiegato non andare in ufficio. Roma continua a vivere così in una realtà sospesa. I cittadini è giusto che tengano dei comportamenti individuali responsabili, soprattutto che si interfaccino con le autorità sanitarie in caso di sintomi compatibili con il Covid-19, ma al momento vivono la strana situazione che gli viene chiesto di cambiare la loro vita privata senza che la vita produttiva e collettiva della città venga modificata. Ad esempio al momento si registra la cancellazione solo di alcuni eventi considerati più a rischio, come la maratona di Ostia che si doveva tenere sabato 7 marzo o convegni e appuntamenti internazionali, ma per il resto concerti e spettacoli rimangono – comprensibilmente in mancanza di indicazioni da parte istituzionali – in cartellone.

La capitale attende di sapere se potrà continuare con la sua vita in modo quasi normale o se si dovrà rassegnare a interrompere la sua quotidianità per almeno due settimane. Ma tutte le previsioni e le curve di contagio ci parlano dell'inevitabilità dell'arrivo di un punto in cui la normalità andrà interrotta. È bene che i romani si preparino, senza panico, ma con la serenità di stare facendo la cosa giusta per tutelare la salute collettiva. Quello che ci aspetta non è un evento apocalittico ma un'epidemia da arginare per risparmiare uno stress pericoloso al nostro sistema sanitario (i posti di terapia intensiva non si moltiplicano con facilità e gli ospedali nella zona rossa già sono in grossa sofferenza) con conseguenze  gravi in particolare per i cittadini più deboli ed esposti.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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