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Chiudere il Bar San Calisto (con una vecchia legge fascista) vuol dire uccidere il cuore di Roma

Ieri è stato chiuso – in base ad un vecchio retaggio del codice fascista – il bar San Calisto di Roma. Il locale è uno dei pochi luoghi di Trastevere non confezionato ad uso e consumo esclusivo dei flussi turistici o per ricchi avventori. Per questo chiuderlo vuol dire uccidere il il cuore pulsante di Roma.
A cura di Valerio Renzi
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Ieri i carabinieri hanno chiuso il bar San Calisto nell'omonima piazzetta di Trastevere. E allora ditelo. Ditelo chiaro e tondo che al centro di Roma ci volete solo turisti, locali tutti uguali, con la pizza surgelata e i primi precotti. Abbiate il coraggio di raccontare che nel centro della capitale chi non ha tanti soldi in tasca per passare una serata non ce lo volete. Che il cuore della città deve essere una sorta di safari per i ricchi e per i flussi del turismo globale, pronto ad accogliere investimenti e valorizzazioni, spesso e volentieri una lavatrice di soldi sporchi per le mafie.

Perché scaldarsi tanto, diranno in molti, è stato chiuso un bar solo per qualche giorno e i carabinieri avranno avuto le loro ragioni. Secondo il verbale infatti il San Calisto sarebbe ritrovo abituale di pregiudicati, oltre ad attirare una clientela incline agli schiamazzi e a suonare strumenti musicali tra i tavolini all'aperto del locale. Il provvedimento utilizzato non contesta specifici reati, ma si tratta di un vecchio retaggio del codice fascista sopravvissuto fino ad oggi che consente la chiusura in maniera sostanzialmente arbitraria di un qualsiasi luogo o attività, quando questo è ritenuto punto d'incontro abituale di "pregiudicati e persone pericolose", vi avvengano fatti contro la "pubblica moralità" e il "buon costume" o nel quale sono avvenuti "tumulti o gravi disordini".

Vale la pena riportare per esteso il comunicato dell'Arma: "Questa mattina, i Carabinieri della Stazione e del Nucleo Operativo della Compagnia di Trastevere hanno notificato un provvedimento di sospensione della licenza di 3 giorni con chiusura, ex art. 100 T.U.L.P.S., del bar “San Calisto” nell’omonima piazza. Il provvedimento scaturisce dalla proposta avanzata dai Carabinieri per la documentata frequentazione da parte di persone con precedenti penali e per il disturbo al riposo ed alla quiete pubblica in orario notturno posto in essere dagli avventori del citato locale, anche in relazione all’episodio verificatosi nella notte del 3 giugno scorso, quando venne organizzato, senza le previste autorizzazioni, un intrattenimento musicale ad alto volume nelle immediate vicinanze del bar".

Ok, forse la musica quella volta è stata a volume un po' troppo alta, e non tutti gli avventori avranno la fedina penale illibata, ma il bar San Calisto è uno dei pochi posti a Trastevere per persone "normali", che vengono qua per incontrarsi e stare insieme, magari senza spendere cifre che non hanno. Ci si incontra un'umanità davvero varia, che qua si confonde in un unico chiacchiericcio e in un grande brindisi: attempati habitué e giovanissimi, artisti affermati e chi sbarca il lunario come può Un caffé costa 80 centesimi, un gelato piccolo 1 euro. La questione non è scegliere tra la nostalgia per un centro storico popolare (che non esiste più da decenni), né esaltare la Roma che fu e forse non è mai stata. Ma solo di difendere un luogo dove in tanti si sentono a casa, che amano con i suoi tavolini sgangherati, la sala interna con le sedie di plastica, e le birre vuote che si affollano, il caffè corretto e la sambuca "con la mosca".

E il tam tam per difendere il locale si è acceso subito, e in tantissimi hanno risposto alla chiamata: l'appuntamento è alle 19.00, le birre e le patatine si portano da casa questa volta. "Il San Calisto. Il Bar che più tra tutti spicca per il suo multiculturalismo. Dove non esiste distinzione tra età, sesso, religione ceto sociale e appartenenza. Dove il politico si siede vicino al senzatetto, e il bambino vicino all’universitario. E tutti convivono pacificamente e in armonia. Dove il rispetto della piazza e del quartiere viene prima di tutto", scrive Micol nell'evento che ha ricevuto migliaia di partecipazioni e condivisioni in una manciata di ore. "Sono indignata. – prosegue – Soprattutto nell’apprendere che questa denuncia proviene da tutte quelle attività confinanti che Trastevere l’hanno distrutta. Attività dove la qualità non corrisponde al sevizio ricevuto e dove il turismo ha preso beceramente il sopravvento. E allora, mi sorge spontaneo chiedermi : a chi conviene far chiudere il Bar San Calisto?".

Per questo il San Calisto non deve chiudere, perché i suoi clienti (anche quando fanno un po' di baccano) devono continuare a calpestare ciottoli e sampietrini di Trastevere. Perché anche le città hanno un'anima, dei luoghi che pulsano e le rendono vive. E il San Calisto è uno di questi.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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