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Omicida, detenuto laureato, capo della “cricca”: le vite di Salvatore Buzzi

Salvatore Buzzi è accusato di essere uno dei principali snodi del sistema Mafia Capitale al cui vertice ci sarebbe Massimo Carminati. Nel 1980 finisce in carcere per aver ucciso con 34 coltellate il suo complice in un giro di assegni falsi. In carcere la redenzione e il riscatto, da detenuto modello prende la laurea (primo in Italia) e fonda una cooperativa. Nel 1994 arriva la grazia concessa da Scalfaro. Da lì la scalata nel mondo delle cooperative, amico di politici e ministri.
A cura di Valerio Renzi
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Salvatore Buzzi, classe 1955, è uno dei principali imputati nell'inchiesta “Mondo di Mezzo” che ha portato alla luce l'esistenza di Mafia Capitale. Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno, secondo gli inquirenti avrebbe corrotto e fatto pressioni su dirigenti della pubblica amministrazione e su politici, per pilotare l'assegnazione delle commesse per il verde pubblico, i campi rom e i centri si accoglienza, per importanti contratti di Ama ed Eur Spa, verso le sue cooperative. Buzzi viene da una famiglia normale, figlio di una maestra elementare e di un invalido di guerra, trova dopo la scuola un normale impiego in banca. Ma gli piace la bella vita e vivere al di sopra delle proprie possibilità: cene fuori, auto di lusso, spese di ogni genere. Ma come faceva un impiegato di banca a permettersi tutto ciò? Buzzi rubava assegni nella filiale dove lavorava, poi il suo complice, Giovanni Gargano un pregiudicato appena ventenne, gli incassava. Ma qualcosa va storto e Gargano comincia a ricattarlo, così il 26 giugno Buzzi lo uccide con 34 coltellate.

Da assassino a detenuto modello. Nel 1994 la grazia

Salvatore Buzzi finisce in manette e lì inizia una nuova vita, indicato come esempio positivo di redenzione e riscatto, la sua storia fa inumidire gli occhi. Nel 1983 è il primo detenuto che si laurea in carcere, e per di più con il massimo dei voti. Sono gli anni dell'apertura delle carceri verso a nuove sperimentazioni per il reinserimento dei detenuti grazie alla Legge Gozzini, la cooperativa di Buzzi è uno dei primi casi in questa viene applicata.

Passa un anno e nel 1984 nel carcere romano di Rebibbia si tiene un convegno alla presenza dell'allora presidente della Commissione Giustizia del Senato Giuliano Vassalli, del sindaco comunista Ugo Vetere e di altri esponenti istuzionali. Protagonista è proprio lui Salvator Buzzi che presenta il suo progetto di una “cooperativa agricola” formata da ex detenuti “per la gestione della Tenuta del Cavaliere, ex proprietà Ipab, ora in gestione patrimoniale del Comune di Roma". Ha firmare l'articolo che racconta dell'incontro è Miriam Mafai, che rimane colpita da quel giovane trentenne con la barba e i capelli ricci e scuri. Proprio per il suo comportamento modello e per il suo impegno, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro nel 1994 decide di concedergli la grazia.

Buzzi conosce tutti e tutti lo conoscono

E' bravo a tenere le pubbliche relazioni Salvatore Buzzi. Dall'esperienza che lo porta a fondare la cooperativa impara quanto sono importanti le conoscenze e le strette di mano, i sorrisi per i flash e guadagnarsi le simpatie di chi conta. Ma da quella piccola cooperativa per il reinserimento lavorativo degli ex detenuti ne farà di strada la 29 giugno, associata fin dall'inizio alla Legacoop, così come il suo presidente che si trova al centro di un impero economico. Buzzi conosce tutti e tutti lo conoscono: politici, imprenditori, esponenti delle associazioni e del terzo settore. Le foto delle cene e dei convegni con esponenti politici di ogni colore sono lì a dimostrarlo, è quasi obbligatorio per ogni candidato alle elezioni fare un passaggio in una delle sue cooperative a caccia di pacchetti di voti importanti.

Gli anni d'oro dell'amministrazione Alemanno

Gli affari veri arrivano, paradossalmente per lui che è stato sempre coccolato e benvoluto dalla sinistra, con l'arrivo in Campidoglio di Gianni Alemanno. Sono gli anni in cui il fatturato delle sue cooperative si impenna vertiginosamente, secondo gli inquirenti proprio grazie a quel sodalizio criminale stretto nel frattempo con Massimo Carminati. Proprio oggi Buzzi davanti agli inquirenti ha detto che “non si tratta del Mondo di Mezzo, ma solo di destra e sinistra”. Così, forse, temendo di essere tagliato fuori dagli affari dal nuovo sindaco, Buzzi corre a trovare nuovi alleati sicuri, scoprendo che può guadagnare molto di più corrompendo e facendo pressioni illecite. Si, perché quello emerge dalle telefonate non è un semplice sistema di lobbying, ma di un sistema vero e propri fatto di “stipendi” versati nelle bustarelle a dipendenti pubblici, di nomine pilotate in luoghi chiave dell'amministrazione e delle aziende municipalizzate.

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