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Stadio della Roma, Caudo: “Scrissi a De Vito per sapere dove fosse finito interesse pubblico”

Dopo l’arresto di Marcello De Vito l’ex assessore all’Urbanista della giunta Marino, oggi presidente del III Municipio, ricostruisce l’iter dello Stadio della Roma e quando si sono potute inserire pressioni e trattative poco trasparenti in mancanza di un percorso amministrativo chiaro e lineare.
A cura di Valerio Renzi
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Il presidente del III Municio Giovanni Caudo è un urbanista prestato alla politica. Nella scorsa legislatura ricopriva proprio l'incarico di assessore all'Urbanistica nella giunta di Ignazio Marino. E proprio in virtù del suo ruolo ha seguito il percorso dello stadio della Roma a Tor di Valle così come era stato inizialmente progettato, prima che la vittoria del Movimento 5 stelle facesse cambiare indirizzo al percorso con una riduzione delle cubature private e delle opere pubbliche.

Secondo Caudo proprio l'interruzione di un iter amministrativo chiaro e trasparente ha consentito l'insinuarsi di pressioni e alla presunta corruzione che ha portato all'arresto di Luca Parnasi, il costruttore che avrebbe dovuto edificare lo stadio, e di diversi suoi collaboratori, oltre a esponenti della politica fino a Marcello De Vito, presidente dell'Assemblea Capitolina ed esponente di primo piano del M5s.

"L'incertezza, la non linearità di un processo decisionale così complesso lascia spazio poi a chi cerca di svolgere un ruolo non più all'interno dell'iter amministrativo. – spiega il minisindaco nel suo ufficio da minisindaco a piazza Sempione – Ci si propone come quelli che risolvono i problemi, le incertezze, gli intoppi è un"rito romano" che conosciamo bene".

Caudo spiega poi come l'amministrazione Raggi, al momento dell'insediamento avrebbe potuto tornare indietro in qualsiasi momento. Non solo, la documentazione trasmessa alla Regione Lazio dai privati era carente, così come sottolineato all'epoca: "Il comune poteva fare tutte le valutazioni che riteneva opportune, quella documentazione che è stata consegnata durante la campagna elettorale era frutto esattamente di una lettera inviata nel 2015 alla Regione Lazio sulla base della relazione che facemmo noi come amministrazione comunale, in cui si metteva in evidenza tutte le carenze della documentazione che era stata inviata a suo tempo dal proponente privato".

Secondo l'ex assessore invece l'amministrazione "quando riceve questo materiale, doveva vedere per prima cosa se era completo, valutare se doveva essere inviato e valutare se c'era il rispetto del pubblico interesse, ovvero il rispetto delle condizioni che erano state dettate dalla delibera. Niente di tutto questo viene fatto ma viene inviata la documentazione in Regione per avviare la conferenza di servizi". Insomma mentre dice di non voler realizzare l'impianto perché avrebbe dato vita a una speculazione, manda avanti l'iter amministrativa pur in presenza di alcune gravi lacune.

Un "comportamento contraddittorio" in cui entrano in scena figure come quella di Luca Lanzalone, poi coinvolto nell'inchiesta: "C'è stata anche un'interrogazione in Assemblea Capitolina. Chi era questo Lanzalone, che incarico aveva avuto? In base a quale ruolo stava svolgendo un ruolo di mediazione? Per conto di chi? In base a quale delibera?". Così si torna al punto centrale di tutta la vicenda: l'interesse pubblico: "La giunta Raggi vota una memoria di giunta i cui veniva detto che cambiato l'orientamento politico bisognava ridurre la cubatura. Benissimo, perché allora non si è passati in assemblea capitolina già in agosto 2016 appena insediati ricostruendo in una delibera quale fosse il pubblico interesse su cui la giunta Raggi era d'accordo?".

Ma la nuova delibera rispetta i criteri dell'interesse pubblico? A questa domanda Caudo risponde così: "Nel giugno del 2017 quando fu approvata la nuova delibera sul pubblico interesse dopo questo negoziato fatto con il proponente privato, scrissi una lettera pubblica a Marcello De Vito. Mi rivolsi a lui perché era il garante del luogo dove era stata approvata in precedenza la delibera sul pubblico interesse. Rilevando che c'erano diversi aspetti che mettevano in dubbio che questa nuova delibera rispettasse il pubblico interesse. Quegli obblighi che noi avevamo dato e quei vincoli soprattutto sulla contemporaneità tra le opere pubbliche, la loro quantità in rapporto con quelle che venivano realizzate dal privato, sono state poi sciolte da quella delibera".

In molti hanno messo in dubbio il progetto dello stadio della Roma, rilevando fin da subito come la scelta dell'area di Tor di Valle, servisse a un'operazione di valorizzazione indispensabile a un imprenditore come Luca Parnasi su cui su quell'operazione stava giocando il tutto e per tutto. Caudo risponde così: "Nel programma urbanistico di Marino, che è stato scritto quando dello stadio non se ne parlava proprio , si indicava il vettore territoriale che parte lungo l'asse della Colombo, che parte dalle Terme di Caracalla e arriva fino a Fiumicino, come uno dei vettori principali di sviluppo del direzionale a Roma. L'area di Tor di Valle si incardinava esattamente in questa strategia. Il privato ci ha proposto un'area che si inseriva all'interno di questa strategia. Se quell'area fosse stata agricola o completamente estranea a questa logica avremmo detto di no".

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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