Rsa Rocca di Papa. I figli vedono morire i genitori: “Pazienti contagiati in stanza con i sani”
Sono 149 i pazienti e gli operatori contagiati all'interno della Rsa San Raffaele di Rocca di Papa e 8 i morti, pazienti risultati positivi al Covid secondo la Regione Lazio, 10 secondo quanto riferito dal vicesindaco del comune dei Castelli Romani nel corso di una conferenza stampa. Sono questi gli ultimi drammatici dati che arrivano da quello che al momento è uno dei focolai di contagio più gravi nel Lazio e in provincia di Roma, su cui la Procura di Velletri ha aperto un'inchiesta per verificare se ci siano stati o meno comportamenti dolosi da parte della proprietà della struttura.
La società della famiglia Angelucci, proprietaria del San Raffaele, ha ingaggiato con la Regione Lazio una violentissima polemica. Secondo quanto reso noto dal San Raffaele i vertici della Rsa avevano chiesto di poter effettuare autonomamente i tamponi ai pazienti e agli operatori sanitari, richiesta che ha avuto una risposta negativa solo l'8 aprile quando arriva la risposta alla mail in cui si legge che “non sono autorizzate all’esecuzione dei tamponi nasofaringei e/o orofaringei per la diagnosi di laboratorio del virus Sars Cov-2” le strutture sanitarie “non ricomprese nella rete CoroNet, prestazioni per le quali il sistema sanitario regionale riconosce una tariffa pari a 69,88 euro l’uno”. Ma la versione dal San Raffele è smentita a Fanpage.it dall'assessore alla Sanità Alessio D'Amato, secondo il quale solo 15 aprile è pervenuta tale richiesta, anche se datata al 31 marzo. La Regione Lazio ha poi denunciato come il direttore sanitario responsabile della struttura, fresco di nomina poco prima dell'emergenza, non avesse neanche i requisiti necessari a dirigere la struttura avanzando l'ipotesi del commissariamento della clinica.
Ma di ritardi e di una gestione poco trasparente dell'emergenza ha parlato anche l'amministrazione comunale di Rocca di Papa che, preso contatto con tutte le strutture nei primi giorni della crisi ha cominciato un autonomo monitoraggio di quasi tutte le Rsa e case di cura per anziani del territorio, chiedendo di segnalare pazienti in stato febbrile o con sintomi compatibili con il coronavirus. Il 4 aprile arriva una prima comunicazione da parte del San Raffaele che parla di nessun caso positivo e nessun sospetto, quando ben cinque giorni prima aveva chiesto alla Regione di poter analizzare i tamponi all'interno della clinica stessa. Il giorno successivo, il 5 aprile, viene diagnosticato il primo caso positivo da quel momento la conta sale vertiginosamente, fino a quando il 14 aprile la casa di cura di viene isolata e diventa zona rossa.
Rabbia e domande anche tra i parenti dei pazienti ammalati o deceduti. "Mi devono spiegare cosa è successo a mio padre l'ho ricoverato che non era malato di Covid ed è morto di Covid – scandisce Ivano Ciccarelli, tra i familiari più attivi in questi giorni nel raccontare cosa ha vissuto –Ora vedremo le cartelle cliniche, cosa è successo, quelle almeno dovranno farmele vedere. Al San Raffaele non si sa bene quello che è successo, di fatti credo che l'inchiesta sia una cosa sacrosanta". "La preoccupazione più grande è per mia mamma – racconta Loredana – Quando la sentiamo piange disperata. Riusciamo a sentirla perché a un telefonino suo, ma quando gli si scarica dobbiamo chiedere a qualcuno di aiutarla ricaricarlo, e non vi dico cosa dobbiamo fare per riuscirci".
Jasmin Esposito racconta invece come il papà, ancora ricoverato al San Raffaele, gli aveva raccontato che in stanza con lui c'era un altro paziente "che manifestava sintomi quali tosse con sangue e febbre, ma non era stato messo in isolamento. Il giorno dopo mi richiama e mi dice che il suo vicino di letto si era aggravato e che lo avevano portato a fare un rx ai polmoni che aveva evidenziato una polmonite grave. È stato messo in isolamento solo il sabato mattina quando è da giovedì che manifestava sintomi preoccupanti". E la promiscuità tra pazienti positivi sarebbe stata la condizione per la diffusione del contagio, assieme alla mancanza di dispositivi di protezione. "Sapete cosa mi ha risposto il primario ‘ma signora mia io mica posso mettere in isolamento tutti i pazienti che presentano tosse o febbre'. Le mascherine le ho dovute portare io a mio padre", aggiunge Jasmin.
Giovanna Boccardi ha sua madre ricoverata al San Raffaele, positiva al Covid l'ha scoperto solo il 14 aprile dopo un tampone arrivato evidentemente in ritardo. Anche nella Rsa di Rocca di Papa, come in molte altre strutture per anziani, i familiari denunciano anche la difficoltà di avere informazioni e di comunicare con i loro cari: "Mia mamma ha dovuto affrontare tutto questo da sola, voglio dire che noi non siamo mai stati contattati dalla struttura per comunicarci quanto stava accadendo. La nostra difficoltà è sapere cosa sta accadendo all'interno, avere informazioni sullo stato di salute di nostra madre e abbiamo molti dubbi sugli attuali livelli di assistenza per i degenti che hanno necessità di mantenimento alto come lei".