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Perché ospitare i migranti a casa dei romani non è una buona soluzione

L’assessora alle Politiche Sociali di Roma propone di ospitare i rifugiati nelle case dei romani in cambio di denaro (non si sa ancora quanto): una proposta che fa discutere. Ecco perché non è una buona idea e perché un’accoglienza diffusa sul territorio già si poteva mettere in atto: basta la volontà.
A cura di Valerio Renzi
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Presidio dei rifugiati sgomberati da piazza Indipendenza
Presidio dei rifugiati sgomberati da piazza Indipendenza

In una recente intervista che non ha mancato di suscitare dibattito, l'assessora alle Politiche Sociali di Roma Capitale Laura Baldassarre ha lanciato l'idea di far ospitare a casa dei romani i migranti che entrano nel circuito Sprar, e che quindi accedono ai benefici dell'accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo. "Anche i romani potranno ospitare i richiedenti asilo. È un modello che abbiamo studiato: in Nord Europa funziona", spiega l'esponente della giunta Raggi che, incalzata dalle domande ha detto che la cifra che dovrebbe incassare la famiglia ospitante sarebbe di circa 1000 euro, pari ai famosi "35 euro al giorno" spesi per ogni migrante.

Oggi Baldassarre fa un passo indietro e non si dice più tanto sicura della cifra. Ma è davvero possibile ospitare in casa dei romani i migranti del circuito Sprar? Sì, in teoria sì, ma certo non a 1000 euro al mese: sempre i famosi 35 euro al giorno sono comprensivi non solo dell'affitto per fornire un alloggio a chi ha diritto alla protezione internazionale, ma anche del supporto psicologico, l'orientamento, l'insegnamento della lingua italiana, fornito da apposite figure che vengono retribuite.

"Abbiamo chiesto al dipartimento, come avviene in altre città italiane ed europee, di sperimentare l'accoglienza presso famiglie, senza spendere i soldi del Comune ma i fondi del ministero", ha dichiarato l'assessora. Peccato però che se si parla di Sprar, i fondi sono sempre quelli del ministero dell'Interno che il comune di Roma ‘vince', per poi mettere a sua volta a bando invitando gli enti del terzo settore (cooperative e associazioni)  a farsene carico). In due parole funziona così: il ministero dice di quanti posti ha bisogno, gli enti locali si candidano e vincono i soldi, poi sta a loro decidere come spenderli.

Per questo le dichiarazioni della maggioranza pentastellata non tornano: nessuno finora ha impedito a Roma Capitale di mettere in atto un modello di accoglienza diffuso, non solo, potenzialmente invece di spendere l'amministrazione potrebbe guadagnare da mettere in atto progetti di accoglienza adeguati, mettendo a disposizione parte del gigantesco patrimonio inutilizzato e mettendo a bando esclusivamente i servizi, che sarebbero così forniti da enti terzi, se proprio non si vuole mettere in atto le procedure d'assunzione.

L'ultimo bando di gara per la gestione di posti Sprar – come raccontato da Fanpage.it – ha visto invece il perpetuarsi di una situazione già nota: grandi centri, per lo più in periferia, che permettono di massimizzare i profitti per chi si candida a gestirli, rischiando però di generare problemi di tensione sociale. Pochi invece, per quanto meritevoli, i progetti di accoglienza diffusa in appartamento come quelli di Arci, che permettono condizioni più dignitose di vita ai beneficiari, e garantiscono una migliore integrazione e un impatto zero sui territori.

Insomma, per fare l'accoglienza diffusa non serve dare i soldi alle famiglie romane per ospitare i migranti, uomini, donne e bambini che hanno bisogno di essere accompagnati nel loro percorso da personale qualificato, prestando ancora il fianco alle polemiche di chi vuole soffiare sul fuoco della xenofobia. Basterebbe invece usare gli strumenti a disposizione, vincolando i bandi ad un'accoglienza diffusa. E qualora gli enti del terzo settore non si adeguassero vedendo margini di guadagno troppo bassi, Roma Capitale dovrebbe avere il coraggio di farsene carico senza subappaltare l'accoglienza.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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