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Opinioni

Il lavoro gratis di rifugiati, detenuti e volontari non è una soluzione al disastro di parchi e giardini

Il verde pubblico di Roma è in uno stato pietoso: mancano almeno 400 giardinieri, così l’amministrazione comunale mette a lavoro (gratis) rifugiati, detenuti e volontari. Ma la città ha bisogno di soluzioni strutturali per i 44 milioni di metri quadrati di verde e per i suoi oltre 300.000 alberi.
A cura di Valerio Renzi
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Questa mattina la sindaca di Roma Virginia Raggi ha fatto nuovamente fatto un post su Facebook dedicato ai detenuti impegnati nella cura del verde di Roma che, come ogni cittadino sa bene, è in una condizione pietosa particolarmente in questa stagione dell'anno, con aiuole che assomigliano alla savana e siepi che finiscono per invadere le strade. Niente di male ovviamente: chi scrive è fermamente convinto che il carcere così com'è produce più criminalità, sofferenza ed emarginazione, non assolve in nessun modo a quel compito di rieducazione che pure gli sarebbe assegnato dalla Costituzione, quindi vedere dei detenuti fuori da celle e bracci di Rebibbia impegnati in qualcosa, non può che essere una buona notizia.

Un aspetto, quello della rieducazione e della formazione, che viene sottolineato anche dalla prima cittadina nel suo post. Ma quello che l'amministrazione comunale sembra non voler vedere che il lavoro gratuito di rifugiati, detenuti e volontari non può andare a sostituire quello che dovrebbe fare il Servizio Giardini. Raggi intendeva annunciare i buoni risultati degli interventi eseguiti, perché ormai siamo al punto che rifare strade, potare un albero o riempire una buca a Roma è un fatto straordinario da comunicare, e non normale amministrazione. Ma alla fine non può che sottolineare i limiti dell'operazione: "Mentre siamo fortemente impegnati a ricostruire il Servizio Giardini di Roma Capitale, anche attraverso nuove assunzioni, abbiamo dunque avviato una serie di collaborazioni e attività per garantire la cura del verde pubblico".

Nell'estate del 2017 sono state finalmente sbloccate le assunzioni, con l'arrivo di 30 nuovi operatori: una goccia nell'oceano rispetto al personale che necessiterebbe per prendersi cura dei 44 milioni di metri quadri di verde pubblico di Roma e dei circa 330.000 alberi. L'organico è di meno di 400 giardinieri rispetto agli 800 che servirebbero per coprire l'organico della manutenzione del verde. Ora sono in arrivo altre cento assunzioni, evidentemente ancora troppo poche. Ma assessori, consiglieri e la stessa sindaca hanno bisogno di raccontare di fare foto e video in cui qualcuno si prende cura dei giardini abbandonati. E la soluzione allora è mobilitare risorse gratuite: e cosa c'è di meglio di rifugiati e detenuti costretti spesso ad un ozio forzato? Categorie "pericolose" messe così a produzione. Un costo basso, bassissimo per l'amministrazione si dirà, e un ritorno in "formazione" (perché di denaro neanche a parlarne) anche per le persone coinvolte. Se poi sono anche i cittadini a prendersi cura dei giardini sotto casa ancora meglio: sono allo studio appositi protocolli e regolamenti.

Servono  però soluzioni strutturali anche per la cura del verde pubblico a Roma, mettendo nero su bianco che la cura della città pubblica ha un ritorno non solo in termini di occupazione, ma anche di benessere e vivibilità per chi la città la abita

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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