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Fini, Alemanno e Meloni: il fascino del Campidoglio per la destra italiana

Gianfranco Fini, Gianni Alemanno e ora Giorgia Meloni: la destra italiana alla prova del Campidoglio, la corsa a sindaco di Roma come banco di prova di cambiamenti e nuove alleanze.
A cura di Valerio Renzi
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Il Campidoglio esercita un fascino irresistibile per la destra italiana. Dove per destra non intendiamo un generico centrodestra, ma gli eredi del Movimento Sociale Italiano, di quella destra che a Roma ha un radicamento nei quartieri alti, la così detta "borghesia nera", ma anche in molti quartieri popolari. La destra di Roma è la "destra sociale", di governo e di lotta, tra megafoni e striscioni, e gli scranni dell'Aula Giulio Cesare e dei consigli municipali.

Sembra che ogni mutamento della destra italiana, dalla fine della Prima Repubblica ad oggi, sia sancito da una campagna elettorale a Roma. A partire dalla "mitica" campagna elettorale del 1993, quando Gianfranco Fini si candida a sindaco di Roma e Silvio Berlusconi, che ancora doveva annunciare la sua discesa in campo, dichiara: "Se votassi a Roma, la mia preferenza andrebbe a Fini". Gianfranco Fini perderà contro Francesco Rutelli ma il dato ormai è tratto: l'Msi-Dn raccoglie consensi ben oltre il proprio bacino elettorale grazie al terremoto di Tangentopoli, diventando il primo partito della capitale con il 31% dei consensi. È questa campagna elettorale che mette le basi per la nascita di Alleanza Nazionale, un partito di destra che Fini vuole "moderno" e "presentabile", che mette da parte la chincaglieria della nostalgia missina per abbracciare Silvio Berlusconi e "parlare a tutti", non solo al proprio popolo.

Nel 2008 un esponente della stessa storia da cui proviene Gianfranco Fini ci riprova e questa volta ci riesce: Gianni Alemanno conquista il Campidoglio. La destra postmissina, grazie a Silvio Berlusconi, è ormai da più di quindici anni che frequenta le stanze del potere e dei governi. All'indomani della vittoria dell'ex segretario romano del Fronte della Gioventù, smaltita la sbornia della festa segnata dalle bandiere con le celtiche e i saluti romani, sui muri di Roma appare un manifesto: mostra un Gianni Alemanno giovanissimo e impettito di fronte ad uno striscione, ed è firmato semplicemente "la Comunità". Il segnale che quella vittoria è rappresenta il coronamento di un percorso per una comunità politica, che da giovani missini a cui veniva urlato di "tornare nelle fogne", si sono trasformati in uomini di governo. Il resto è storia: lo choc di Mafia Capitale, gli intrecci tra quella destra e la criminalità organizzata, un sistema consociativo e di corruttela che secondo la magistratura ha prosperato proprio durante l'amministrazione Alemanno.

Ora Giorgia Meloni, ultima esponente della destra post-missina, torna alla carica del Campidoglio ma, come nel 1993, la posta in gioca è più grande del governo di Roma: la Meloni corre per dare una nuova identità alla destra italiana non con Berlusconi, come fece Fini, ma contro Berlusconi e oltre Berlusconi.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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