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Ex fabbrica di Penicillina: il ghetto della Tiburtina va evacuato non sgomberato

A Roma nell’ex fabbrica di Penicillina su via Tiburtina esiste un ghetto dove 500 persone vivono da invisibili in mezzo a rifiuti pericolosi e amianto. Nei prossimi giorni è in programma lo sgombero della struttura che rischia di trasformarsi in una tragedia: le istituzioni devono organizzare l’evacuazione dell’area per mettere in sicurezza prima di tutto chi ci vive.
A cura di Valerio Renzi
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Si stima che all'interno ci vivono 500 persone, in piccoli appartamenti ricavati dall'edificio sventrato, in tenda o per terra su materassi e giacigli di fortuna. Stiamo all'ex fabbrica di Penicillina su via Tiburtina, un ghetto nato all'interno dell'ex insediamento industriale abbandonato ormai da molti anni. Dietro l'alto muro di cinta si nasconde una vera e propria città dentro la città, c'è un piccolo spaccio e un bar addirittura, abitata dagli ultimi degli ultimi. La popolazione dell'ex Fabbrica ha continuato a crescere negli scorsi mesi, soprattutto con l'intensificarsi degli sgomberi di diversi insediamenti nati nei palazzi vuoti della zona all'estrema periferia est della città.

In molti lo hanno descritto come "un girone infernale". All'interno ci sono cumuli di rifiuti di ogni genere, amianto mai messo in sicurezza e nessun servizio igienico. Una situazione insostenibile, una vergogna per Roma, un contesto dove potenzialmente trovano un terreno fertile traffici illeciti e organizzazioni criminali pronte a sfruttare la condizione di estrema indigenza degli abitanti del ghetto. All'interno interviene solo l'unità mobile di Medici Senza Frontiere per fornire assistenza sanitaria, e gli attivisti di alcune associazioni per i diritti umani che fornicscono assistenza legale prima di tutto ai richiedenti asilo.

E mentre si avvicina lo sgombero, atteso per i prossimi giorni, massimo per la prossima settimana, nessuna sembra avere voglia di occuparsi di chi vive all'interno dello stabile. Gli uomini e le donne che ci abitano sono invisibili. Forse le istituzioni sperano che con l'avvicinarsi dello sgombero la maggior parte degli abitanti del ghetto si allontanino spontaneamente. Ma il rischio che la situazione precipiti anche sotto il profilo dell'ordine pubblico è molto alto secondo gli operatori che monitorano le presenze all'interno, e le operazioni di sgombero potrebbero svolgersi con modalità drammatiche e non pacificamente come preventivato.

È necessario superare l'idea dello sgombero, nella consapevolezza però che il ghetto deve essere smantellato, prima di tutto per la sicurezza di chi ci abita. L'ex Fabbrica di Penicillina va evacuata, serve un intervento d'emergenza e umanitario, la politica si deve fermare e immaginare un intervento che non segua il copione già scritto fatto solo di blindati all'alba, masserizie gettate in mezzo alla strada e centinaia di persone disperse nelle periferie della città dopo essere state identificate.  I suoi abitanti che vivono tra veleni e condizioni disumane messi in sicurezza. Le istituzioni si devono far carico di approntare una soluzione credibile, strappare queste vite alla disperazione e all'invisibilità. Altrimenti il problema si ripresenterà, nuovi insediamenti cresceranno ai margini della città, uomini e donne saranno preda di criminali senza scrupoli, l'insicurezza dei cittadini aumenterà. In gioco c'è la vita di 500 persone in carne ossa, non è polvere che si può nascondere sotto il tappeto.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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