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Opinioni

Da Giovanna Reggiani a Desirée: la politica non ha smesso di speculare sui corpi delle donne

Undici anni fa il femminicidio di Giovanna Reggiani creava una cesura, un prima e un dopo, su come la politica avrebbe trattato da quel momento in poi i casi di cronaca connessi alla violenza contro le donne, soprattutto se i colpevoli sono di cittadinanza straniera.
A cura di Valerio Renzi
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È il 30 novembre del 2007 quando viene scoperto il corpo di Giovanna Reggiani in un vialetto in zona Tor di Quinto, a due passi da Ponte Milvio uno dei salotti buoni della città. È stata violentata e massacrata di botte, poi gettata nella scarpata al lato del vialetto. Quarantasette anni, moglie di un'ufficiale della Marina, viene rapita da un uomo che vive in un insediamento informale lì vicino che la porta nella sua baracca dove si consuma la violenza. Dopo due giorni di agonia muore.

L'ondata di indignazione, rabbia e paura che scuote la città segna una cesura. L'allora sindaco di Roma Walter Veltroni si getta lancia in resta in una campagna sulla sicurezza che ricalca pedissequamente i toni della destra. Il responsabile dell'omicidio è Nicolae Mailat, un romeno di 23 anni, e l'isteria al limite della xenofobia arriva sulle colonne degli editoriali anche dei giornali progressisti. Sappiamo come andrà a finire: Veltroni lascerà la poltrona di sindaco della capitale per fondare il Partito democratico e correre alla Presidenza del Consiglio, il risultato sarà la conquista del Campidoglio da parte di Gianni Alemanno e la sconfitta del nuovo partito contro il centrodestra di Silvio Berlusconi.

Sembra un'era geologica fa, eppure dal femminicidio di Giovanna Reggiani a quello di Desirée Mariottini sono passati appena 11 anni. In questo tempo la narrazione falsata impostasi sulla donna uccisa a Tor di Quinto è diventata il modello per la politica e i media, da destra a sinistra. La razzializzazione del delitto è l'elemento preminente, assieme a un forsennato giustizialismo. La politica mobilita e amplifica ogni sentimento negativo, proponendo ricette stantie e inutili: più polizia, più telecamere, più paura. Il risultato è che a ogni caso di cronaca l'odio si approfondisce, e accade così che Luca Traini fa il tiro all'immigrato per vendicare il femminicidio di Pamela Mastropietro, mentre scompare il più generale tema della violenza maschile contro le donne (imposto ultimamente dal movimento internazionale ‘Non Una di Meno')

Totalmente assente dal dibattito pubblico è la radice del male che ha ucciso queste donne. Politiche di welfare inadeguate, totale mancanza di una cultura che metta in discussione una visione della donna come preda e vittima, mai portatrice di desideri e libera di scegliere, città abbandonate dove negli angoli bui proliferano ghetti e violenza. Il vicepremier e leader del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio, parlando della morte di Desirée ricorda Giovanna Reggiani:

Questa tragedia è stata causata da una serie di sistemi che non funzionano più da tempo, che hanno letteralmente collassato. Su tutti il sistema immigrazione, il sistema accoglienza, il sistema pubblica sicurezza, il sistema degli alloggi, il sistema della lotta all'abusivismo Il risultato è una bomba sociale, che ormai è esplosa e di cui Desirée è un'altra vittima innocente. Mi ricordo ancora dell'omicidio di Giovanna Reggiani del 2007, assassinata nella stazione di Tor di Quinto da un immigrato rumeno. Allora il governo Prodi rispose con un decreto d'emergenza che conteneva norme che attribuivano ai prefetti il potere di espellere dall'Italia i cittadini comunitari per motivi di pubblica sicurezza, questo avvenne con il sostengo dei ministri della sinistra radicale. 11 anni dopo, però, siamo di nuovo davanti a una tragedia di troppo simile. Questo dimostra che la strada percorrere non è questa. Bisogna agire in maniera sì tempestiva, ma differente. Servono più poteri peri il sindaco di Roma

Di Maio riesce nel capolavoro di rimproverare alla sinistra le politiche securitarie, scordandosi di invocare il carcere anche per chi si vuole approfittare per il reddito di cittadinanza, ma soprattutto facendo finta di non sapere nulla del Decreto sicurezza dell'alleato Matteo Salvini. Chiede più poteri per la sindaca e compagna di partito Virginia Raggi, ma più poteri per fare cosa? Questo non è dato di saperlo.

Quasi scontato poi, nel gioco delle parti che si instaura in ogni turbine di dibattito attorno ai corpi delle vittime, ricordare i numeri delle donne violentate, picchiate, perseguitate e uccise in casa da mariti, compagni, familiari. Non fanno notizia perché manca il mostro da sbattere in prima pagina, perché il mostro in questo caso è quasi sempre un uomo bianco e italiano, spesso di classe media e non fa audience. Non si tratta di essere "buonisti" e benché meno di voler giustificare in qualsiasi modo omicidi e stupri, come si fa intendere ogni volta che si alza una voce fuori dal coro. Più semplicemente si tratta di mettere in campo azioni concrete per non dover ritrovarci punto e a capo, a piangere assistendo sbigottiti allo scempio che si consuma attorno al corpo delle donne.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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