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Opinioni

Brindisi con l’acqua del Tevere: cittadini chiedono chiarezza sul potabilizzatore Acea

Una lettera aperta e un’azione di denuncia per chiedere chiarezza alle istituzioni (Roma Capitale e Regione Lazio) sul potabilizzatore delle acque del Tevere costruito da Acea e che potrebbe entrare in funzione nelle prossime ore. Molte le perplessità sull’opera costata 12 milioni di euro, a cominciare dall’effettiva capacità di depurare le acque dai veleni.
A cura di Valerio Renzi
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Abbiamo raccontato due giorni fa, con un servizio realizzato da Simona Berterame, il progetto con cui Acea ha ultimato un impianto di potabilizzazione delle acque del Tevere in zona Grottarossa, alla periferia Nord di Roma. Un progetto che da più parti non ha mancato di sollevare critiche e perplessità, soprattutto per la scarsa trasparenza con cui l'impianto è stato realizzato, soprattutto perché una volta messo in funzione potrebbe portare l'acqua corrente nei rubinetti di 400.000 romani.

Gli attivisti del Coordinamento Romano Acqua Pubblica hanno svolto ieri un'azione simbolica sull'Isola Tiberina, srotolando uno striscione e brindando con l'acqua del fiume. "In una città come Roma, alimentata principalmente da acqua di sorgente che viene dispersa per circa il 40%, una gestione della risorsa idrica e delle bollette dei cittadini vedrebbe al primo posto la lotta allo spreco idrico e la ristrutturazione delle reti, a tutela anche delle fonti e dei corpi idrici sempre più stressati. – denunciano gli attivisti – Invece i soldi dei cittadini sono stati spesi per costruire il potabilizzatore del Tevere, costato 7,5 milioni di euro secondo l'A.D. di Acea, 12 secondo altre fonti. Una nuova "fonte" che Acea ha già iscritto nel bilancio idrico per l’estate 2019, quindi potenzialmente in funzione da un momento all’altro".

Molti sono i quesiti, sollevati da più parti, che rimangono aperti sull'opera. Prima di tutto sulla correttezza dell'iter, con delle modifiche chieste a posteriori ai regolamenti regionali per poter rendere davvero operativo l'impianto. Poi sulla tecnologia utilizzata nel potabilizzatore, se sia davvero in grado di rendere potabile l'acqua depurandola ad esempio da idrocarburi e microplastiche. Domande che gli attivisti dell'acqua bene comune hanno deciso di rivolgere alla sindaca Virginia Raggi, ai vertici di Acea e al governatore Nicola Zingaretti con una lettera aperta che riportiamo integralmente.

Otto domande ad Acea, Nicola Zingaretti e Virginia Raggi:

Alla Sindaca di Roma Capitale

Virginia Raggi

Alla Presidente di ACEA S.p.A.

Michaela Castelli

Al Presidente della Regione Lazio

Nicola Zingaretti

Tevere da bere: una risposta pericolosa alla crisi idrica. Davvero Acea, Comune e Regione sono tutti d’accordo?

In una città come Roma, alimentata principalmente da acqua di sorgente che viene dispersa per circa il 40%, una gestione saggia sia della risorsa idrica che di quelle economiche derivanti dalle bollette dei cittadini vedrebbe un’azienda e le amministrazioni impegnarsi nella manutenzione delle reti, a tutela anche delle fonti idriche al fine di escludere un aumento del prelievo.

Invece, si è proceduto alla realizzazione di un’opera, l’impianto di potabilizzazione del Tevere a Grottarossa, costata diversi milioni di euro che Acea ha già iscritto nel bilancio idrico per l’estate 2019, quindi potenzialmente in funzione da un momento all’altro. Emergenziale, proprio come il lago di Bracciano, che però l’azienda, nel tempo, ha utilizzato in maniera “strutturale” fino allo stop imposto alla captazione per la compromissione dell’ecosistema a seguito della crisi idrica del 2017.

Ancora una volta invece di ridurre le perdite sulla rete idrica si realizza un’opera “torbida” come l’acqua del Tevere, con l’avallo di diversi enti e amministrazioni.

Crediamo che questa operazione, che presenta moltissimi punti critici sia dal punto di vista procedurale che ambientale, rappresenti l’ennesimo esempio di malagestione dell’acqua nella città di Roma.

Innanzitutto un'opera così delicata è stata approvata e realizzata con una procedura lampo: approvato in via preliminare a dicembre 2017 è stato inaugurato, da pochi intimi, 12 mesi dopo.

Potrebbe essere solo efficienza, se non vi fossero una serie di aspetti poco chiari.

Vi poniamo alcune domande a cui vi chiediamo di rispondere ciascuno per il ruolo che gli compete:

1. Il progetto presentato alle amministrazioni pubbliche competenti era di fatto irrealizzabile, poiché quando sono stati richiesti i pareri la normativa regionale vietava l’uso potabile di fiumi che ricevessero scarichi industriali sul loro corso. Come possono considerarsi legittimi quei pareri e il voto dei sindaci coinvolti nella conferenza dell’ATO 2 di dicembre 2017 del quale non appare la conta nel verbale?

2. Non appare curioso che la normativa regionale sia stata modificata solo a seguito della realizzazione dell’opera, permettendone così la possibile entrata in funzione?

3. Siete sicuri che la caratterizzazione dell’acqua del Tevere sia stata effettuata in ottemperanza a tutte le norme previste dalla legge? I tempi e le modalità della caratterizzazione lasciano diversi dubbi.

4. La tecnologia utilizzata nell’impianto di potabilizzazione, basata su filtri a carboni attivi, non è specifica per sostanze come metalli pesanti, idrocarburi e microplastiche, che diversi studi scientifici dimostrano essere presenti nel Tevere. Siete sicuri che questo non rappresenti un rischio per la salute?

5. Siete, dunque, sicuri che non si darà da bere ai romani un fiume di veleni? Con quale frequenza verranno effettuati e resi pubblici i monitoraggi?

6. A fronte di una dispersione delle reti di circa il 40%, ossia 9.000 l/s, la soluzione per mettere in sicurezza l’approvvigionamento idrico di Roma è la costruzione di un’opera che al massimo immetterà in rete 500 l/s, ossia un 1/18 dell’acqua che si perde. Siete sicuri che sia una scelta razionale e compatibile con la sfida del risparmio idrico che le grandi città sono chiamate a compiere?

7. A fronte di perdite così ingenti è stato approvato il raddoppio dell’acquedotto del Peschiera, lasciando intravedere la prospettiva dell’aumento dei prelievi da quelle sorgenti, mettendo ancora più a rischio un acquifero di rilevanza nazionale, una riserva strategica e un ecosistema unico. Siete sicuri che continuare a sfruttare al massimo le fonti, invece di ridurre gli sprechi, sia un buon modo per investire i soldi dei cittadini e garantire il futuro della risorsa idrica?

8. L’A.D. di Acea, in Assemblea dei Soci, si è rifiutato di comunicare un obiettivo percentuale di riduzione delle perdite. Esiste un obiettivo di questo tipo? Perché gli enti preposti non lo impongono al gestore Acea  2 S.p.A.? Siete sicuri che una reale ristrutturazione della rete idrica non sia l’unica strada sensata per far fronte alle future “crisi idriche”?

Noi siamo sicuri che, se non verranno modificate le politiche e la strategia aziendale sulla gestione dell’acqua guardando alla sua tutela e preservazione per le generazioni future, sarà la storia a condannarvi come responsabili di un disastro annunciato.

Riteniamo necessario che il potabilizzatore non entri in funzione per uso potabile, ma al limite per usi non potabili, come l’impianto preesistente che dagli anni ’90 prelevava acqua dal fiume e ne ricavava acqua per annaffiare parchi e ville di Roma e del Vaticano.

Infine, vi segnaliamo che, nell’ambito della campagna che abbiamo messo in campo, intendiamo presentare un esposto tramite cui chiedere a diversi enti di chiarire i dubbi di natura procedurale e ambientale legati a questa opera.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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