Citare Pier Paolo Pasolini in una campagna elettorale non è una cattiva idea. Quindi onore a Whip Agency che ci è riuscita. Colpisce tuttavia la scelta della frase utilizzata come slogan per la campagna del candidato sindaco del Pd Roberto Giachetti. «E tu splendi, invece…». È estrapolata da una delle "Lettere Luterane" del poeta, dal titolo "Siamo belli, dunque deturpiamoci". Trattandosi di Pasolini è importante riportare l'intero brano, indirizzato al "Gennariello" cui PPP, sulle pagine del "Mondo" si rivolgeva per descrivergli la società italiana del momento.
«Non lasciarti tentare dai campioni dell'infelicità, della mutria cretina, della serietà ignorante. Sii allegro. La terza cosa che ti viene insegnata dai «destinati a morire» è la retorica della bruttezza. Mi spiego.
Da alcuni anni i giovani, i ragazzi fanno di tutto per apparire brutti. Si conciano in modo orribile. Fin che non sono del tutto mascherati o deturpati, non sono contenti. Si vergognano dei loro eventuali ricci, del roseo o bruno splendore delle loro gote, si vergognano della luce dei loro occhi, dovuta appunto al candore della giovinezza, si vergognano della bellezza del loro corpo. Chi trionfa in tutta questa follia sono appunto i brutti: che sono divenuti i campioni della moda e del comportamento. I «destinati a essere morti» non hanno certo gioventù splendenti: ed ecco che essi ti insegnano a non splendere. E tu splendi, invece, Gennariello».
Nell'era dei social la frase è diventata : «Non lasciarti tentare dai campioni dell’infelicità, della mutria cretina, della serietà ignorante. Sii allegro. […] T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece».
Il messaggio del candidato sindaco Pd alle Elezioni comunali di Roma è ancora più conciso e drastico: «E tu splendi, invece, Roma». Invece cosa? Invece di non splendere come vorrebbe qualcuno? Chi sono i «campioni dell'infelicità» sottintesi? Sembra una campagna anti-gufi renziani (o anti-marziani, riferendosi all'Ignazio Marino che aleggia e s'aggrappa all'immaginario di Ennio Flaiano).
Pier Paolo Pasolini, lo dice la sua vita e lo dice la sua produzione letteraria e cinematografica, amava Roma. Ma quella frase sullo splendere non era destinata alla Capitale. Lo sono, invece, questi versi del "Pianto della Scavatrice".
«Stupenda e misera città,
che m'hai insegnato ciò che allegri e
feroci
gli uomini imparano bambini».
Altro che splendere. Stupenda e misera città era la Roma di Pasolini. Anche se è tutta campagna elettorale, anche se è storytelling (chissà che avrebbe detto PPP di questo termine, vero?) val la pena di ricordare. E non distorcere.