In un tempo in cui a diventare virali sembrano essere solo l'odio e i pregiudizi, l'area che si respirava ieri sera al Tufello è sembrata un piccolo miracolo per chi l'ha respirata. Richiamati dal neoassessore alla cultura del III Municipio Christian Raimo, più di mille persone hanno scoperto uno splendido anfiteatro tra i lotti delle case popolari per ascoltare il critico cinematografica Mario Sesti intervistare Valerio Mastandrea. L'appuntamento è inserito nella rassegna di "pedagogia all'aria aperta" organizzata dallo scrittore e insegnante, ora anche assessore, "Grande come una città".
Dal pomeriggio a sistemare l'area dell'evento ci sono cittadini incuriositi da quanto accade, ognuno porta qualcosa, in molti decidono di dare una mano. Non c'è niente di organizzato, né fondi. Amplificazione e luci li montano gli attivisti del vicino centro sociale ‘Astra' di via Capraia, che ricordano i tanti problemi del quartiere a cominciare dagli sfratti e le condizioni in cui versano le case popolari. Su un tavolo si mettono le cose da mangiare: chi porta una birra, chi la pizza o una torta rustica, un'aranciata e qualche tarallo. Le sedie sono poche ("teniamole per le persone anziane") e ci si attrezza su tronchi, muretti, portandole da casa o stendendo teli come a un pic nic.
Tutti ascoltano Mastandrea, che è a suo agio in quella scenografia fatta di caseggiati popolari, si ride e dal pubblico arrivano le domande, l'attore non si risparmia con la sua autoironia. Poi le luci mano mano si spengono e rimane la sensazione che è accaduta una cosa non scontata. In tanti quando vanno via lasciano la mail e chiedono come poter partecipare, fare proposte, rendersi utili dal giorno dopo. Chi è arrivato non lo ha fatto solo in cerca di qualcosa da fare, o per presenziare all'evento con un attore famoso, lo ha fatto perché ha capito il senso di un'iniziativa culturale gratis in un luogo pubblico. Ha partecipato consapevolmente a tessere una trama di vicinato, contento di stare insieme, magari qualche minuto offline, per respirare emergendo dal flusso ininterrotto di input a cui siamo sottoposti. Un piccolo e gioioso atto di protesta, un consapevole gesto di partecipazione.
Roma ha bisogno di cultura, i cittadini di piazze piene per guardarsi negli occhi. Non c'è bisogno di grandi eventi, c'è bisogno di valorizzare le comunità locali e di renderle protagonisti, di invadere gli spazi che sono di tutti che troppo spesso vuol dire di nessuno.