Lo scorso 25 giugno la Regione Lazio ha dato il via libera al piano di valorizzazione e alienazione del patrimonio Ater del Comune di Roma. Sul mercato verranno messi gli alloggi nelle "zone di pregio" nella "fascia B", così come individuata dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate. Parliamo quindi di Testaccio e San Saba. Ma è prevista anche l'alienazione di parte consistente del patrimonio collocato fasce C, D, E che "a loro interno evidenziano requisiti di centralità in termini di presenza funzionale e di accessibilità ad attrezzature e servizi pubblici e privati di ogni ordine e grado, di servizi di trasporti urbani ed extraurbani, di collegamenti viari, di attrezzature scolastiche, sanitarie, sportive, commerciali e terziarie". Una descrizione che risponde a quartieri come Garbatella, San Lorenzo, Monteverde, Balduina o Montesacro, in generale alle zone dove insistono le case popolari e sono appetibili sotto il profilo del mercato. La notizia è comparsa questa mattina su Romatoday.
Ma che città è quella dove i poveri vanno tutti in periferia e i ceti sociali più abbienti occupano tutti le zone maggiormente centrali della città, dove con centro non si individua solo un luogo fisico ma dove trasporti e servizi funzionano, dove insomma si vive meglio? Una città che dove evidentemente le conflittualità e la sofferenza sociale sono destinate ad aumentare, così come la distanza fisica e materiale tra chi ha più e chi ha di meno. Esattamente il contrario della missione che un istituto pubblico come l'Ater dovrebbe perseguire. In altre grandi città d'Europa al contrario di quanto avviene qui da noi – ad esempio pensiamo a Parigi – il patrimonio immobiliare pubblico è stato utilizzato negli ultimi decenni per migliorare l'integrazione sociale.
Ma perché Ater si prepara a vendere i gioielli di famiglia con il via libera della Regione Lazio? Semplice: per avere soldi in cassa per fare le operazioni di manutenzione e nuovi investimenti, ma soprattutto per avere abbastanza liquidità per ripagare i propri debiti, in particolare quello pendente nei confronti della Regione Lazio. Una scelta dettata dunque dall'emergenza, ma che contribuirà a cambiare in maniera irreversibile e definitiva il volto e il paesaggio umano di molti quartieri. Secondo Fabrizio Ragucci – segretario di Unione Inquilini Roma – le case destinate all'alienazione in questa prima tornata sarebbero circa 18.000 in tutto, 4500 subito e 12.000 con un successivo provvedimento di alienazione. Vorrebbe dire depauperare il patrimonio dell'edilizia pubblica nella capitale di quasi un terzo, mentre il dramma dell'emergenza abitativa riguarda migliaia di cittadini che aspettano una casa popolare. Se il 50% degli inquilini sarà d'accordo poi potranno essere cedute intere palazzine nei condomini misti. Il dispositivo della delibera tutela ovviamente gli inquilini più deboli e che non possono acquistare, e ammette il diritto di prelazione per chi occupa l'alloggio con un abbattimento fino al 50% del valore. Per tutti gli altri sono pronte alternative lontane dai quartieri dove fino ad oggi hanno abitato.
Nettamente contraria Unione Inquilini. "La delibera autorizza la vendita indiscriminata del patrimonio pubblico, una scelta di campo della Regione che non capiamo e contro cui daremo battaglia anche sul piano giuridico. – spiega a Fanpage.it Fabrizio Ragucci – Cosa significa dire èvenderemo solo gli immobili delle zone di pregio, ma… anche quelli delle altre zone purché abbiano accesso a servizi pubblici e privati di qualsiasi ordine e grado, servizi di trasporti urbani e collegamenti viari?' Che basta avere una strada asfaltata vicino al proprio palazzo per essere considerato residente in zona di pregio? Roma ha bisogno di almeno 20mila nuove case popolari e la Regione si prepara invece a venderle". L'appello all'assessore Valeriani e al governatore Zingaretti è di ripensarci e di incontrare al più presto le parti sociali.