Cyberbullismo a scuola. È una delle ipotesi sulle quali indaga la Procura di Roma, per capire se dietro alla morte della 13enne che domenica scorsa si è lanciata dal nono piano di un palazzo in zona Aurelia a Roma ci sia l'istigazione al suicidio. Fanpage.it ha contattato il Miur, per capire le strategie messe in campo dal Ministero dell'Istruzione per prevenire e arginare il fenomeno del cyberbullismo. Nel caso specifico, il Ministero si è mobilitato per mandare esperti nella scuola frequentata dalla giovane a supporto di studenti, docenti e famiglie, per aiutarli ad affrontare l'accaduto. Giuseppe Pierro della Direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione ha commentato le informazioni rilevate dai recenti questionari somministrati nelle scuole, dai quali emerge un aumento dei messaggi d'odio trasmessi attraverso i social network rispetto al passato e i progetti con scuole e famiglie, per creare una rete intorno agli adolescenti.
Cosa emerge dallo scenario attuale nelle scuole?
Una ricerca nata come progetto europeo e poi finanziata direttamente dal Ministero dell'Istruzione e affidata all'Osservatorio sulla Comunicazione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano rileva dati interessanti. Dall'indagine del 2017, il cui obiettivo era capire quali sentimenti provano i ragazzi quando sono su internet, svolta su un campione di studenti dai 9 ai 17 anni, è emerso che aumentano le esperienze negative in rete, rispetto al 2010 e alle successive rilevazioni. La percentuale dei giovani che nel sondaggio dichiarano di aver visto messaggi d'odio o commenti offensivi rivolti ai propri compagni in rete è passata dal 13 per cento nel 2010 al 31 per cento nel 2017. Si tratta di insulti rivolti sia ai singoli che a gruppi di persone. Per quanto riguarda i sentimenti che gli studenti ammettono di provare, il 52 per cento afferma tristezza, mentre il 36 per cento rabbia. Un'altra interessante osservazione è capire il comportamento che ne consegue, da cui emerge una grossa percentuale di ragazzi che non hanno il coraggio di intervenire.
Quali sono le strategie messe in campo dal Miur per prevenire e arginare il fenomeno del cyberbullismo?
Il Miur contrasta il fenomeno del cyberbullismo attraverso la formazione dei docenti, gli incontri con studenti e genitori e la collaborazione con la polizia postale. Nelle scuole spieghiamo ai ragazzi qual è l'uso corretto dei social network, quali sono invece i rischi, e come tutelarsi. Avvertiamo i giovani che nonostante la promessa di siti e applicazioni, l'anonimato è solo apparente e che in realtà tutto è tracciabile in rete, per metterli in guardia sulla diffusione di messaggi d'odio e contenuti potenzialmente compromettenti. Con i grandi social network il Miur si interfaccia quotidianamente, hanno sviluppato policy che spiegano ai ragazzi come comportarsi per evitare i rischi, ma ci sono siti minori, che rimangono al margine, attraverso i quali si verificano situazioni al limite.
I docenti sono preparati a riconoscere e affrontare problematiche legate al cyberbullismo?
In passato nelle scuole c'erano insegnanti volontarie che si occupavano di problematiche di bullismo. Dal 2017, con l'approvazione della Legge Ferrara la scuola deve obbligatoriamente indicare un docente incaricato di sviluppare attività di prevenzione. Il Miur ha attivato una piattaforma per formare gli insegnanti in collaborazione con l'Università di Firenze, per aiutarli a individuare individuare il fenomeno, indicando come intervenire nei casi più gravi.
Come si costruisce il dialogo con i genitori per intercettare insieme una potenziale situazione di disagio?
Negli ultimi anni stiamo cercando di lavorare più intensamente con le famiglie, perché è necessario creare una rete intorno al ragazzo. La novità di quest'anno è l'inserimento dei genitori come ‘gruppo target', più difficili da raggiungere dopo le scuole elementari. Mamme e papà spesso infatti ignorano alcune regole base sull'uso dei social network da parte dei loro figli come il limite minimo d'età di 13 anni che consente l'iscrizione e la necessità di assicurarsi che la privacy dei propri figli venga tutelata. Allo stesso tempo bisogna puntare a far ritrovare ai ragazzi il senso di autostima e dare in primis come adulti il buon esempio in rete.