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Omicidio Marco Vannini

Quattro anni dall’omicidio di Marco Vannini: indagini, sentenze, verità e bugie sul caso del 20enne

Quattro anni. Sono trascorsi quattro anni dalla morte di Marco Vannini. Quattro anni di bugie, verità parziali o distorte, insinuazioni e vere e proprie calunnie. Sebbene il processo sulla morte del ventenne sia arrivato al secondo grado di giudizio, la famiglia del ventenne morto a casa dei futuri suoceri chiede ancora giustizia e non si riconosce nella sentenza d’appello pronunciata dai giudici.
A cura di Enrico Tata
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L'omicidio di Marco Vannini
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La prima telefonata al 118, le urla disperate del ragazzo, la seconda telefonata e l'arrivo degli infermieri, la lunga notte al pronto soccorso di Ladispoli, le ore trascorse dai protagonisti di questa storia all'interno della caserma dei carabinieri, le deposizioni dei testimoni e degli imputati, le tante perizie e i due processi, che hanno raccontato verità differenti. Quattro anni. Sono trascorsi quattro anni dalla morte di Marco Vannini. Quattro anni di bugie, verità parziali o distorte, insinuazioni e vere e proprie calunnie. Sebbene il processo sulla morte del ventenne sia arrivato al secondo grado di giudizio, la famiglia del ventenne morto a casa dei futuri suoceri chiede ancora giustizia e non si riconosce nella sentenza d'appello pronunciata dai giudici. Antonio Ciontoli, il principale responsabile della morte di Marco, è stato condannato in secondo grado a cinque anni per omicidio colposo. In primo grado era stato condannato a 14 anni per omicidio volontario. Marco Vannini è morto nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015.

La notte in cui Marco Vannini morì

Ecco quello che sappiamo per certo della notte in cui Marco Vannini morì:

  • Alle 23.41 Federico Ciontoli chiama il 118 e dice che un ragazzo si è sentito male. "Si è spaventato, non respira più", dice all'operatore. Il ragazzo passa il telefono alla madre: dice che il ragazzo si è sentito male nella vasca da bagno, ma si è ripreso e non serve più l'intervento dell'ambulanza.
  • Alle 00.06 minuti Antonio Ciontoli telefona di nuovo al 118: dice, mentre si sentono le grida di dolore di Marco Vannini, che il ragazzo si è ferito con un pettine a punta, "si è fatto un buchino ed è andato nel panico". "Ti prego… basta, ti prego, basta… basta basta… ti prego, scusa", urla Marco in sottofondo.
  • Alle 00.23 arriva l'ambulanza presso la villetta in via Alcide De Gasperi a Ladispoli. È sprovvista di medico a bordo. All'infermiera i Ciontoli dicono che Marco si è ferito con un pettine. Gli operatori parasanitari, quindi, restano fermi per quindici minuti a casa Ciontoli per cercare di capire cosa stia accadendo.
  • Alle 00.45 Marco Vannini arriva al Pit di Ladispoli in stato comatoso. Al medico di guardia Antonio Ciontoli rivela che Marco è stato colpito da un proiettile di pistola, sparato per sbaglio.
  • All'1.15 Antonio Ciontoli telefona al comandante della stazione dei carabinieri di Ladispoli, il maresciallo Roberto Izzo, che conosce bene: "Robé vieni subito al Pit", gli dice. Pochi minuti dopo arriva una telefonata anche da un carabiniere, che spiega al maresciallo la situazione.
  • Durante il trasporto il eliambulanza verso il Policlinico Gemelli di Roma, Marco Vannini muore e la salma viene riportata a Ladispoli dall'elicottero. La morte è registrata alle 3.10.

I dubbi

  • La versione di Antonio Ciontoli non è stata mai messa in discussione. Sia per i giudici di primo grado che per quelli del secondo, i fatti si svolsero in questo modo (come ha dichiarato Ciontoli): Marco Vannini era nella vasca da bagno. Alle 23 e 15 Ciontoli è entrato per recuperare due pistole che aveva lasciato nella stanza. Marco gli ha chiesto di fargliele vedere, Ciontoli ha ‘scarrellato' l'arma credendo che fosse scarica e ha premuto il grilletto. Il colpo è partito.
  • Davide Vannicola, commerciante di Ladispoli, ha dichiarato alle Iene: "Il maresciallo Izzo mi disse che Ciontoli gli disse che a sparare era stato il figlio Federico e non lui". Una simile dichiarazione è stata fatta dal brigadiere Manlio Amadori.
  • La villetta dei Ciontoli non è stata mai sequestrata.
  • Martina ha visto il papà sparare? Era presente nel bagno quando Ciontoli ha sparato. Nelle note intercettazioni ambientali all'interno della caserma di Ladispoli Martina mima il gesto del padre nello sparare a Marco e indica il punto esatto in cui l'ex fidanzato fu ferito. "Me l'ha detto il maresciallo Izzo", la difesa. Ma lui: "Mai parlato di questo".

Le sentenze

  • In primo grado Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale
  • In secondo grado Ciontoli è stato condannato a 5 anni per omicidio colposo, il massimo della pena per questo capo d'accusa
  • I familiari (la figlia Martina, il figlio Federico e la moglie Maria) sono stati condannati sia dai giudici di primo grado, che da quelli di appello a tre anni per omicidio colposo.

Per i giudici di primo grado (nelle parole dei colleghi della corte d'appello) Ciontoli ha avuto "un comportamento lucido nel mendacio, nel ritardo dei soccorsi, nel minimizzare anche davanti al pm, e, al contempo, lo grava di una condotta irrazionale e immotivata laddove sostiene che egli ha ‘omesso di prendere in considerazione' il più grave costo che la morte avrebbe comportato". Cioè Ciontoli sapeva che Marco sarebbe potuto morire, ma nonostante questo ha mentito e ritardato i soccorsi.

Per i giudici d'appello il fatto che Ciontoli si macchiò di "un atto estremamente riprovevole dal punto di vista etico" non cambia la natura dell'omicidio, che fu colposo e non doloso. Cioè Ciontoli non voleva uccidere Vannini e non credeva che il ragazzo potesse morire.  "Il fatto di trovarsi alle prese con un imputato la cui condotta è particolarmente odiosa non può di per sé comportare che un fatto colposo diventi doloso". Ma, vista "la gravità della condotta tenuta dall'imputato, della tragicità dell'accaduto, all'assenza di significativi tratti di resipiscenza", i giudici hanno deciso per lui il massimo della pena per omicidio colposo. "Ciontoli ha consapevolmente e reiteratamente evitato l'attivazione di immediati soccorsi" per "evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo". Questo però non cambierebbe la natura dell'omicidio, che secondo la corte rimane colposo.

Il ricorso alla corte di Cassazione

"L'incidenza del ritardo nel sollecitare i soccorsi e i riferimenti mendaci configurano a pieno titolo l'indicatore relativo alla lontananza dalla condotta standard, ma soprattutto essi sono sintomatici dell'adesione volontaristica all'evento collaterale", scrivono i pm. "La Corte sul punto, pur ritenendo assolutamente ami doverosa la condotta del Ciontoli, tuttavia non evidenzia in modo sufficiente quanto essa sia lontana da quella standard".La condotta dei Ciontoli,  "omissiva e menzognera, ha provocato un ritardo abnorme nei soccorsi, quantificabile in ben centodieci minuti, ha impedito un tempestivo e adeguato intervento degli operatori sanitari". Antonio Ciontoli aveva perciò "piena consapevolezza della quasi certa verificazione dell'evento morte, in conseguenza di ferite da arma da fuoco".  "Seppure nell'imminenza dello sparo, le caratteristiche e le peculiarità della ferita potevano dimostrarsi ingannevoli, immediatamente dopo, si sono rivelate serie, poi critiche, infine gravi. La necessità di apprestare rapidi soccorsi si palesava in tutta la sua drammaticità, apparendo, via via, sempre più probabile la realizzazione dell'evento più tragico, come dimostrato dall'evidente peggioramento delle condizioni di salute del Vannini e dalle sue  grida di dolore", scrivono ancora i pm.

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