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Michela Di Pompeo strangolata e sfigurata con un peso da palestra: 30 anni per il compagno

È stato condannato a 30 anni di carcere Francesco Carrieri per l’omicidio della compagna Michela Di Pompeo, avvenuto il 1 maggio del 2016 nell’appartamento della coppia in via del Babuino. L’uomo prima l’ha strangolata nel sonno, poi l’ha sfigurata colpendola ripetutamente con un peso da palestra da cinque chili scagliato contro il viso e la testa.
A cura di Valerio Renzi
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Michela Di Pompo e Francesco Carrieri
Michela Di Pompo e Francesco Carrieri

Francesco Carrieri è stato condannato a trent'anni di carcere per il brutale omicidio della compagna Michela Di Pompeo, al termine del processo svoltosi con rito abbreviato. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Pantaleo Polifemo, che per l'omicidio avvenuto nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio del 2016 nell'abitazione della coppia in via del Babuino, ha chiesto il massimo della pena consentita in un processo con rito abbreviato. La donna, un'insegnate 47enne di tedesco alla Deutsche Schule Rom e mamma di due figli avuti in una precedente relazione, è stata prima strangolata nel sonno dal compagno, poi massacrata con un peso da palestra da cinque chili, che l'uomo ha scagliato con violenza e ripetutamente sul capo e sul volto di Michela.

Il movente dell'uomo, nella vita direttore di banca fino all notte dell'omicidio, sarebbe stato da ricercare nella paura di essere lasciato a causa di un imminente trasferimento lavorativo. Francesco Carrieri al momento della confessione, ha raccontato agli inquirenti di soffrire di depressione e di aver tentato di togliersi la vita e di assumere farmaci. A scatenare la violenza sarebbe stato quell'sms letto dal cellulare della compagna mentre questa già, in cui Michela spiegava ad un uomo con cui aveva avuto una relazione di volerlo lasciare.

In una prima fase del processo a Carrieri era stata riconosciuta la semi infermità mentale, così la procura aveva formulato una richiesta di pena a 12 anni di reclusione. Una perizia ribaltata da una seconda consulenza disposta dal giudice per le indagini preliminari Elvira Tamburelli che ha riconosciuto l'uomo perfettamente in grado di intendere e di volere al momento dell'omicidio, nonostante soffra di un disturbo bipolare della personalità.

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