La sentenza di secondo grado che ha ridotto la pena di Antonio Ciontoli da 14 a 5 anni, derubricando il reato da lui compiuto da omicidio volontario con dolo eventuale, a omicidio colposo con colpa cosciente, condannandolo a 5 anni, ha scatenato la rabbia non solo dei genitori di Marco Vannini ma anche di mezza Italia. Questa sera è andata in onda la prima puntata di Storie Maledette, la trasmissione di Franca Leosini su Rai 3, una lunga intervista in due parti a Ciontoli che ripercorre passo passo tutta la vicenda.
Come pochi Ciontoli, dopo la sentenza di appello, è stato oggetto del disgusto di chi si è immedesimato nelle urla di dolore e rabbia della mamma di Marco Marina. Le omissioni, le bugie, il comportamento egoista e ingiustificabile di questo ufficiale di Marina che hanno provocato la morte di un ventenne che continua a dire che per lui "era come un figlio", quel fidanzato della sua secondogenita che voleva fare il militare, forse il pilota di aerei e a cui voleva bene, tanto da raccoglierne le confidenze, rendono la figura di Ciontoli odiosa.
Ma anche il "mostro" di cui tutti parlano ha il diritto di dire la sua, non solo nelle aule giudiziarie dove è chiamato a difendersi, ma anche sugli stessi media che l'hanno condannato alla pena più alta, sezionando la sentenza di secondo grado e in alcuni casi arrivando a immaginare complotti in sua difesa da parte di imprecisati poteri volti a tutelare il suo ruolo di ufficiale distaccato ai servizi segreti (anche se con mansioni non operative).
E Ciontoli ha deciso di parlare di raccontare direttamente quello che ha già detto nelle aule di tribunale. Ripercorre quanto accaduto nella notte, riconosce senza indubbio gli errori commessi e anche la loro meschinità, ma non rinuncia mai alla sua linea di difesa: mai, in nessun momento, sarebbe stato consapevole che Marco fosse in pericolo di vita, e solo dopo alcuni minuti si sarebbe reso conto di aver sparato davvero un colpo di pistola. Arriva a spiegare che forse neanche Marco ne era consapevole, tanto da indurlo a pensare che fosse solo spaventato, shoccato. Marco non gli avrebbe mai detto insomma "mi hai sparato". Il "mostro" esercita il suo diritto a giustificarsi, a spiegarsi, a far capire il suo punto di vista.
Si discute in questi minuti tra Twitter e Facebook, se la Leosini abbia incalzato abbastanza. Se sia stata troppo indulgente con l'intervistato. Anche se si può criticare il "format" di Storie Maledette, bisogna sempre ricordarsi che una trasmissione televisiva (per fortuna) non è un tribunale e che pubblico e giornalisti non ricoprono i ruoli di avvocati o di giuria. Ciontoli ha raccontato la sua storia, avete tutto il diritto di non farvela piacere o di non credergli.