Da mesi non si fa che parlare del palazzo occupato da CasaPound in via Napoleone III. Di proprietà del Demanio lo stabile dell'Esquilino – casa madre e battesimo del movimento di estrema destra – è stato occupato nel 2003. In quel momento il gruppo di Iannone e Di Stefano, che ancora non era un movimento nazionale, tentava di imitare il modello di aggregazione della sinistra radicale puntando su occupazioni abitative, conferenze culturali e concerti. Che Guevara e Rino Gaetano, i confronti con esponenti della sinistra, il tentativo (in parte riuscito) era quello di ottenere una "rispettabilità" per l'estrema destra fuori dal centrodestra, andando oltre lo stereotipo dei naziskin. Era il tempo in cui tanti (troppi) giornalisti e intellettuali democratici andavano a scoprire questi ragazzi che si dicevano "fascisti del terzo millennio", contribuendo a farne una presenza "normale" nel panorama mainstream, costruendo un format basato sull'autonarrazione degli stessi dirigenti di CasaPound, molto abili nel vendere se stessi.
Oggi tutta l'attenzione si appunta, ancora una volta, sulla sede del movimento. Il problema principale sarebbe che CasaPound occupa un palazzo abusivamente e non paga le utenze. È di ieri la notizia che si vuole procedere contro i dirigenti per un presunto danno erariale di circa 4 milioni di euro: sarebbero colpevoli di non aver richiesto con urgenza lo sgombero dello stabile. Movimento 5 stelle e Partito Democratico sembrano per una volta d'accordo: il palazzo deve essere sgomberato, al legalità ristabilita. Hanno anche votato insieme una mozione in aula Giulio Cesare, fatto assai raro. "Basta scrocconi", ha tuonato ieri la sindaca Virginia Raggi. L'obiettivo che si cela dietro CasaPound è però evidentemente il ministro dell'Interno Matteo Salvini, accusato di invocare la tolleranza zero solo contro centri sociali e migranti, e non con gli "amici" di via Napoleone III, che entrambe le forze politiche hanno interesse ad attaccare. Dal canto suo Salvini ha gioco facile a ripetere che "tutte le occupazioni illegali devono essere sgomberate senza eccezioni", solo che c'è una lista di priorità stabilita dalla Prefettura.
Il problema però è che usando la stessa logica tutti gli stabili occupati (e una volta sgomberati ridotti sistematicamente all'abbandono) dovrebbero essere sgomberati al più presto. Una logica che non tiene conto del perché CasaPound dovrebbe rappresentare un'anomalia all'interno della vita democratica di Roma e del Paese: il problema non dovrebbe essere l'illegalità dell'occupazione in sé, quanto la sfilza di decine di episodi di violenza in cui esponenti del movimento sono coinvolti, oltre alla costante propaganda d'odio e xenofobia portata avanti nella capitale e non solo. Ridurre la questione a una questione di "legalità" non sembra quindi centrare il punto della questione: e se domani gli inquilini di via Napoleone III accettassero di lasciare il palazzo occupato, magari ottenendo una soluzione alternative per gli abitanti censiti in emergenza abitativa, allora tutto andrebbe bene?
La malaugurata abitudine di trattare ogni questione solo utilizzando la lente della legalità, come se le regole del vivere comune non fossero stabilite di volta in volta e sottoposte a cambiamenti anche radicali, e non quella della legittimità delle istanze sociali che gruppi, movimenti e cittadini pongono all'attenzione dell'agenda politica con le loro azioni , non aiuta ad affrontare il tema dell'azione dei gruppi dell'estrema destra. A cominciare da CasaPound.