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Il piano per chiudere i campi rom fa flop: il Campidoglio punta sui rimpatri assistiti

I rimpatri assistiti nei paesi d’origine: è questa la nuova mossa del Campidoglio per rafforzare il piano di superamento dei campi rom che al momento fa acqua da tutte le parti, a cominciare dal Camping River: la struttura doveva essere chiusa dallo scorso 30 settembre ma all’interno ci sono oltre 300 persone.
A cura di Valerio Renzi
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Camping River
Camping River

Il piano per la chiusura dei campi rom fa acqua da tutte le parti. Previsto in un primo momento per le baraccopoli istituzionali di Monachina e La Barbuta, ma diventato operativo solo per il secondo grazie alla Croce Rossa, unico ente a presentarsi al bando, è stato poi esteso al Camping River. Quest'ultimo si è trasformato da "villaggio attrezzato" a "struttura ricettiva temporanea" dallo scorso 30 settembre, data in cui sarebbe dovuto essere chiuso. Ma all'interno vivono ancora 380 persone: il contributo all'affitto si è rivelato un flop e i tempi strettissimi di attuazione del piano in questo contesto, rischiano solo di aggravare la situazione e non di portare ad una via d'uscita dal campo.

Così il Campidoglio punta sui rimpatri assistiti verso i paesi d'origine. A rivelarlo all'Adnkronos il delegato alla Sicurezza della sindaca Virginia Raggi, Marco Cardilli. "È in via di definizione una delibera che amplia le possibilità di estendere i progetti inclusivi del piano per il superamento dei campi rom anche ad altre forme di aiuto, tra le quali il rimpatrio assistito, che inizialmente non era previsto", ha dichiarato l'esponente dell'amministrazione.

"Il Camping River oggi formalmente è chiuso, come è noto non c'è più il contratto con la cooperativa – spiega Cardilli  non nascondendo le difficoltà – ma non si è riusciti a liberare l'area perché le proposte inclusive che riguardano la gran parte dei nuclei che vi risiedono non hanno portato ai risultati sperati: il contributo per l'affitto piuttosto che gli aiuti per l'inserimento lavorativo, essendo basati sul coinvolgimento volontario delle famiglie e degli abitanti, non hanno sortito l'effetto sperato. Loro hanno accettato l'aiuto ma hanno trovato difficoltà oggettive nella possibilità di stipulare affitti, difficoltà in parte legate anche ad un approccio culturale che deve man mano prendere piede e che necessita quindi di tempi di razionalizzazione da parte delle popolazioni".

Secondo la mappatura dell'amministrazione al momento nel campo ci sono 75 nuclei familiare che hanno diritto all'assistenza inclusiva, circa 330 persone, e 17 famiglie invece che non rientrano nei criteri stabiliti per aver accesso al sostegno economico nella prima fase di uscita dal campo, per accompagnare verso un percorso di autosufficienza le famiglie.

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