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Processo sulla morte di Stefano Cucchi

Da quattro anni Roma attende “via Stefano Cucchi”: ma la mozione è lettera morta

Nel 2014, con i voti del centrosinistra e del Movimento 5 stelle, il consiglio comunale approvò una mozione per dedicare una strada della città a Stefano Cucchi. Oggi, quattro anni dopo, quella promessa è ancora lettera morta, ma Roma deve almeno questo tardivo riconoscimento a un suo cittadino morto mentre era nella mani dello Stato.
A cura di Valerio Renzi
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Nel 2014, sindaco Ignazio Marino, l'aula Giulio Cesare ha approvato una mozione che impegna Roma Capitale a intitolare una via della città a Stefano Cucchi. Primo firmatario Gianluca Peciola di Sel, ma l'ordine del giorno fu sottoscritto e approvato da tutti i consiglieri dell'allora maggioranza di centrosinistra e dal Movimento 5 stelle. L'iniziativa era arrivata cinque anni dopo la morte di Stefano, proprio alla vigilia dell'inizio del processo d'appello.

La mozione recitava anticipando gli sviluppi giudiziari ma mettendo per iscritto la verità iscritta nella coscienza di gran parte del Paese: "Stefano Cucchi morì in conseguenza delle violenze subite e a causa di gravi omissioni istituzionali. La sua vicenda è il simbolo della necessità di riformare il sistema di procedura penale e penitenziale in senso garantista". Il dispositivo stabilisce anche la dicitura della toponomastica: "Via Stefano Cucchi, ragazzo". Proprio come un anonimo manifestante cambiò Piazza Alimonda in "Piazza Carlo Giuliani, ragazzo" a Genova, per ricordare il giovane ucciso durante le manifestazioni contro il G8 nel luglio del 2001.

Ora che di anni ne sono passati otto, e uno spiraglio per ottenere verità e giustizia in un'aula di tribunale si è finalmente aperto grazie al racconto del carabiniere Francesco Tedesco che ha ammesso il pestaggio di Stefano dopo il fermo, la mozione è ancora lettera morta. La storia di Stefano Cucchi è diventata nel frattempo anche la storia della battaglia per ottenere verità e giustizia della sorella Ilaria, una lotta combattuta con la vicinanza di migliaia di cittadini "semplici". Una battaglia che purtroppo gli è costa gli insulti di molti esponenti delle istituzioni.

L'emozione e la mobilitazione innescati dall'uscita del film prodotto da Netflix "Sulla mia pelle", con proiezioni collettive a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone in tutta Italia, sta lì a rappresentare quanto la storia di Stefano sia ormai profondamente entrata nell'immaginario e nella coscienza collettiva, simbolo dell'ingiustizia e della violenza di Stato, dell'omertà di cui le istituzioni sono ancora capaci per auto assolversi.

Il presidente dell'VIII Municipio Amedeo Ciaccheri, ha dichiarato pochi giorni fa durante un'iniziativa con la sorella Ilaria Cucchi: “Chiederò di dedicare una strada nel mio municipio a Stefano Cucchi". A Garbatella o a Tor Pignattara, dove Stefano viveva, l'importante è che la città riesca a rendere almeno questo tardivo tributo alla memoria di un suo cittadino, la cui vita è stata spezzata mentre si trovava sotto la tutela della Stato.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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