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Crisi rifiuti a Roma, perché si è dimesso il cda di Ama e cosa succede ora

Si è dimesso il nuovo consiglio di amministrazione di Ama, in carica da poco più di cento giorni. Quali sono i motivi delle dimissioni e cosa accadrà ora alla raccolta dei rifiuti. Roma si dovrà preparare a fronteggiare una nuova emergenza e lo dovrà fare con un’Ama sempre più in difficoltà.
A cura di Enrico Tata
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Cento giorni, poco più di tre mesi. Tanto è durato il nuovo consiglio di amministrazione di Ama, la municipalizzata romana che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in città. Per la quarta volta in tre anni, da quando cioè è stata eletta sindaca Virginia Raggi, cambieranno i vertici aziendali e anche stavolta l'addio dei dirigenti è segnato da contrasti durissimi con l'amministrazione. Una crisi profonda che avviene in giorni delicati per la Capitale: l'emergenza rifiuti è di nuovo alle porte e ieri il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha prorogato l'ordinanza per aiutare Roma a smaltire i suoi rifiuti. Una misura insufficiente, secondo la sindaca Raggi. Insomma, potrebbe non bastare per fronteggiare l'ennesima crisi e certo le dimissioni dei vertici aziendali non saranno certo d'aiuto.

Ama, una crisi senza fine: quattro presidenti in tre anni

A giugno del 2016, quando Virginia Raggi vince le elezioni e diventa sindaca, Ama è guidata da Alessandro Solidoro, sostituito dopo qualche mese da Antonella Giglio. Alla fine del 2017 è la volta di Lorenzo Bagnacani, che rimane in carica meno di un anno e mezzo e lascia a febbraio del 2019 in polemica con la sindaca. A giugno, dopo un periodo di transizione, è stato nominato il nuovo Cda presieduto da Luisa Melara. La travagliata storia aziendale della municipalizzata si accompagna alle vicende, complicate anch'esse, della giunta capitolina a guida 5 Stelle: alla grillina Paola Muraro, nominata assessore all'Ambiente, viene preferita Pinuccia Montanari, emiliana e storica amica di Beppe Grillo. Anche lei getta la spugna e si dimette insieme a Bagnacani. Il motivo verrà analizzato in seguito, perché è praticamente lo stesso che ha portato alle dimissioni del nuovo cda di Ama. Le dimissioni dell'assessore all'Ambiente non sono possibili perché dopo le dimissioni di Montanari, Raggi ha trattenuto a sé la delega sui rifiuti. A sostituire temporaneamente la dimissionaria presidente Melara verrà chiamato il presidente del Collegio dei sindaci, Mauro Lonardo, come disposto dal Codice civile.

I ‘famosi' 18,3 milioni di euro di crediti

Diciotto milioni e trecentomila euro. Una cifra decisiva per spiegare cosa sta accadendo all'interno di Ama. Sebbene i membri del cda si siano affrettati a spiegare che le loro dimissioni non dipendono dai problemi legati a questi soldi, i 18,3 milioni sono centrali nelle controversie tra la municipalizzata e il Campidoglio. Si tratta di crediti per i servizi cimiteriali che l'Ama vanta nei confronti di Roma Capitale, s0ldi che Bagnacani aveva inserito nel bilancio 2017 dell'azienda come crediti esigibili, ma il Campidoglio non ne ha mai riconosciuto la legittimità e proprio per questo motivo Raggi e Lemmetti bocciarono il bilancio 2017. Per questo Bagnacani e Montanari si dimisero. Quel bilancio ancora non è stato approvato, come non è stato approvato quello del 2018. I motivi sono sempre gli stessi: i 18,3 milioni di euro.

Proprio per questi soldi Bagnacani presentò un esposto in procura per denunciare "pressioni" indebite su di lui "finalizzate a determinare la chiusura del bilancio dell'Ama in passivo, mediante lo storno dei crediti per i servizi cimiteriali".  "Devi modificare i conti. Punto. Anche se i miei uomini ti dicono che la luna è piatta. Devi modificare il bilancio come chiede il socio. No, non devi valutare, se il socio ti chiede di fare una modifica la devi fare", è uno degli audio della sindaca Raggi registrati da Bagnacani e pubblicati all'epoca su L'Espresso.

Le accuse pesantissime del cda dimissionario a Raggi

Le accuse nei confronti dell'amministrazione Raggi sono pesantissime: i membri dimissionari del cda parlano di "assoluta inerzia" da parte del Campidoglio e constatano la "mancanza di una fattiva e concreta collaborazione con Ama per superare le situazioni di criticità riscontrate su più piani". A scanso di ogni possibile equivoco, aggiungono, "è il caso di chiarire che a spingerci ad adottare la decisione che di seguito verrà comunicata non è la vicenda tanto inopportunamente (e non correttamente) sbandierata del nostro terzo progetto di bilancio con particolare riferimento alla posta dei 18,3 milioni dei servizi cimiteriali". Il tema, ribadiscono, "non è la posta di bilancio, ma è assai più grave, e probabilmente più scomodo per la sua amministrazione, e verte assolutamente sulla assoluta inerzia e constata mancanza di una fattiva e concreta collaborazione con Ama".

L'imminente emergenza rifiuti

La crisi aziendale di Ama, l'ennesima, arriva ora che la Capitale dovrà prepararsi a un'altra possibile emergenza rifiuti. E lo dovrà fare senza che Ama abbia una guida aziendale e senza che la municipalizzata abbia formalizzato un piano industriale e abbia approvato i bilanci 2017 e 2018. Proprio ieri il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha prorogato di quindici giorni l'ordinanza regionale per fronteggiare l'emergenza rifiuti. Un tempo congruo, secondo la Regione, poiché a breve riapriranno i due Tmb privati di Malagrotta, chiusi negli scorsi mesi per lavori. Per la sindaca Raggi, invece, la misura non è sufficiente e anzi la Regione avrebbe "gravemente sottovalutato la questione".

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