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Cpr di Ponte Galeria: nuovo incendio appiccato nella notte per protesta dai migranti

Nuova rivolta all’interno della struttura di detenzione alla periferia di Roma, dopo che il 20 settembre un incendio appiccato da un gruppo di migranti in attesa di un imminente rimpatrio forzato aveva reso inagibile metà del reparto maschile. Da giorni cresce la tensione all’interno della struttura in cui le condizioni di vita documentate da Fanpage.it sono drammatiche.
A cura di Valerio Renzi
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Le condizioni all'interno del centro documentate da Fanpage.it
Le condizioni all'interno del centro documentate da Fanpage.it

Da quanto appreso da Fanpage.it un nuovo incendio si è sviluppato questa notte all'interno del CPR di Ponte Galeria a Roma. Le fiamme sono divampate a poco più di una settimana dal rogo che ha reso inutilizzabile metà del settore maschile della struttura. Lo scorso martedì Fanpage.it ha potuto verificare le condizioni in cui i migranti detenuti erano costretti a dormire all'addiaccio visto che spazi comuni, bagni e camerate erano stati resi inutilizzabili. Dopo l'accesso dei consiglieri regionali Alessandro Capriccioli e Marta Bonafoni 28 migranti in attesa di identificazione sono stati rilasciati per alleggerire la struttura praticamente al collasso.

Terza rivolta in un mese nel CPR di Ponte Galeria

La rivolta di questa notte – la terza dallo scorso luglio quando è stato riaperto il settore maschile del CPR – potrebbe essere stata innescata da nuove procedure di rimpatrio forzato, esattamente come avvenuto venerdì 20 settembre. Non sono noti ulteriori particolari su quanto avvenuto, né se ci siano o meno feriti, ma la funzionalità residua della sezione maschile della struttura sarebbe gravemente compromessa.

Riflettori accesi sul CPR di Ponte Galeria

La protesta dei migranti detenuti hanno portato a riaccendere i riflettori delle istituzioni e dei media su questa struttura, già in passato al centro di rivolte, evasioni e proteste eclatanti e drammatiche. A vent'anni dall'istituzione dei CPT, poi CIE e ora CPR, i luoghi di detenzione amministrativa dei migranti in attesa di identificazione e di espulsione, continuano a rappresentare uno dei punti più contestati dell'ordinamento italiano sull'immigrazione, e di cui associazioni per la difesa dei diritti umani e società civile continuano a chiedere la chiusura anche per il loro carattere di arbitrarietà e di chiusura.

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