Lo scorso 8 novembre, sul palco bolognese di Matteo Salvini, si siglava l'intesa tra il leader del Carroccio, il vecchio leone Silvio Berlusconi e la segretaria di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. Salvini al centro della scena, Meloni e Berlusconi al fianco, la foto di gruppo rispecchiava i rapporti di forza tra gli attori del centrodestra ai tempi dell'opposizione a Matteo Renzi. Una fotografia che a pochi mesi di distanza sembra già sbiadita, ingiallita, un ricordo del passato: a Roma e Torino la coalizione già non c'è più, e lo scontro attorno alle amministrative sembra solo una schermaglia per la battaglia di domani per la leadership della coalizione.
Il centrodestra si è perso il centro. Pesa come un macigno il declino politico ed elettorale di Silvio Berlusconi: un declino che lascia un vuoto che nessuno sembra in grado di colmare. Se il Cavaliere aveva saputo mettere insieme ex democristiani e socialisti, società civile proveniente dai nuovi ceti medi emergenti, i postfascisti di Fini e i barbari di Bossi. Demiurgo di una miscela stabilizzata solo attorno alla sua figura, Silvio Berlusconi non ha eredi e quel centrodestra non esiste semplicemente più.
Qual'è il futuro della destra italiana senza Berlusconi? È ancora presto per dirlo, ma senza dubbio un test importante saranno le prossime elezioni amministrative romane, che vedono contrapposti il candidato di Forza Italia Guido Bertolaso a Giorgia Meloni, appoggiata anche da Salvini. Un centrodestra spappolato che vede in campo anche Francesco Storace e Alfio Marchini, su cui convergono i centristi "duri e puri", sempre più tentati dal Partito della Nazione che va componendosi attorno alla leadership di Matteo Renzi.
Una destra, quella rappresentata da Giorgia Meloni sempre più "lepenizzata". Come si è già fatto notare, se l'appoggio di Berlusconi a Gianfranco Fini nel 1993 contro Francesco Rutelli, rappresentava la transizione verso lo sdoganamento della storia e del personale politico proveniente dal Movimento Sociale Italiano, la candidatura di Giorgia Meloni segna il ritorno al recinto di una destra-destra, che così come si sta dando non sembra ambire al Governo del paese. Combinata con gli slogan di Matteo Salvini, principale azionista di questa nuova destra-destra, vediamo la nascita di un polo che sembra rappresentare una destra populista e non una destra moderna, come ha fatto notare anche Gianfranco Fini intervistato sulle pagine del Corriere della Sera:
Salvini-Meloni esprimono una destra lepenista, antieuropeista, vetero-nazionalista. Mentre An era un partito popolare ma non populista, con una cultura di governo anche quando era all’opposizione, nazionale ma non nazionalista.
Se ci sarà un futuro per questa destra-destra nel panorama politico italiano è presto per dirlo: uno spazio elettorale esiste, ma per conquistarlo Salvini e Meloni dovranno contenderlo non solo a Berlusconi e all'astensione, ma anche al Movimento 5 Stelle che pesca a destra e a sinistra. E per farlo, dovrà radicalizzare ancora di più le sue parole d'ordine.