Chiusura campi rom, 10.000 euro per le famiglie che tornano nei paesi d’origine: come stanno le cose
Su il Messaggero di oggi, in un lungo articolo dal titolo "Rom, maxi-bonus per il rientro nei loro Paesi: dal Comune 10mila euro a chi lascia la Capitale", viene raccontato come il Campidoglio sarebbe pronto a sborsare tale cifra per rimpatriare le famiglie residenti nei ‘villaggi attrezzati' (come con un eufemismo vengono chiamate le baraccopoli istituzionali) di Monachina e La Barbuta e del Camping River. In particolare per le famiglie del Camping River questa sarebbe la soluzione ‘più veloce', allo studio negli uffici competenti per sgomberare l'area dopo l'annunciata chiusura della struttura.
I soldi sono sempre quelli del Piano di chiusura tanto sbandierato dall'amministrazione di Virginia Raggi, e che fino ad ora si è dimostrato un flop. Da quanto verificato da Fanpage.it al momento a nessuno dei nuclei ancora presenti nel River è stato ancora proposto di tornare nei paesi d'origine, per lo più la Romania, ma in effetti a leggere con attenzione il Piano tra le azioni previste per i nuclei familiari residenti nei campi c'è anche quello del rimpatrio assistito nei paesi d'origine.
Di rimpatrio assistito come soluzione si parla anche nel bando per l'applicazione del Piano, aggiudicato dalla Croce Rossa (unico ente partecipante) per il primo il lotto riguardante Barbuta, mentre è andata deserta la gara per il lotto riguardante Monachina. Ma su modalità (e costo) dei rimpatri assistiti non ci sono indicazioni. In parole povere non è chiaro a quali incentivi avranno diritto le famiglie che accettino il rimpatrio: la cifra di 10.000 euro calcolata è pari alla somma massima che una famiglia può ricevere nell'arco di un anno come contributo all'affitto.
L'idea allo studio sarebbe quindi quella di aiutare si le famiglie rom a inserirsi nel tessuto sociale e lavorativo, ma non di Roma, la città dove vivono spesso da decenni, ma del paese di provenienza. "Se così fosse si tratterebbe solo di una deportazione con un incentivo economico – spiega un volontario che segue gli abitanti del Camping River – e nulla vieta che possano tornare a Roma o in Italia un domani, essendo cittadini comunitari. Una soluzione che se fosse proposta non solo sarebbe una sconfitta per le istituzioni, ma mostrerebbe davvero l'ipocrisia del Piano di superamento e chiusura dell'amministrazione Raggi".
La chiusura del Camping River doveva rappresentare la prova generale per l'applicazione del piano finanziato con 3,8 milioni di fondi europei e non si può dire che finora sia stato un successo. La struttura – che doveva chiudere il 30 settembre 2017 – per ora ha solo cambiato nome, da “villaggio attrezzato” a “struttura ricettiva temporanea”, ma a pagare l'affitto dell'area è sempre Roma Capitale. Alle famiglie, dopo la sottoscrizione di un ‘patto' con l'amministrazione e le verifiche patrimoniali, è stato proposto di cercarsi un affitto autonomamente sul mercato per poi accedere al sostegno economico del comune per un anno. Ma i risultati sono stati irrilevanti, e il rischio che gli abitanti del River presto a tardi vadano a popolare insediamenti irregolari è concreto.