Da lunedì 3 luglio Acea ha deciso di chiudere 30 ‘nasoni' al giorno per il mese di luglio, verificando l'effetto del provvedimento sulla pressione dell'acqua nelle conduttore e nelle forniture. Colpa della siccità e della conseguente crisi idrica. Un provvedimento descritto come "emergenziale" dalla multiutility che gestisce l'acqua dei romani, ma che sta attirando su di sé molte critiche. Non solo perché le tipiche fontanelle fanno parte del paesaggio e della cultura materiale della città, ma perché garantiscono un diritto umano fondamentale: l'accesso all'acqua per migliaia di cittadini che vivono per strada.
A chi è abituato a veder naturalmente scorrere l'acqua dai rubinetti della proprio abitazione – per fortuna la maggioranza dei romani – l'associazione non è immediata. Che la presenza dei ‘nasoni' sia una forma di tutela degli ultimi lo ha sottolineato in un suo intervento Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio, che ha chiesto che a pagare sprechi e anni di incuria della rete idrica non siano i più deboli.
"Oggi nella Capitale almeno diecimila persone vivono per strada. Uomini soli ma anche famiglie, anziani, bambini. Tutte persone che dormono senza un tetto sulla testa, che vivono alla giornata e che, soprattutto, hanno come unica fonte idrica l’acqua erogata dalle fontanelle pubbliche. – scrive Stasolla – I numeri si fa presto a farli: a Roma, ogni giorno, una fontanella pubblica eroga a 4 persone l’unica acqua a loro disposizione nell’arco dell’intera giornata. Acqua per bere, per refrigerare il corpo, per lavare vestiti, per cucinare".
Il presidente della 21 luglio sottolinea poi come "Degli ultimi ci si dimentica sempre. Altrimenti non sarebbero tali". E di come vengono dopo la siccità, la pressione idrica ed i mercati rionali. Ma se chiudere i nasoni dovesse significare negare improvvisamente l’accesso all’acqua pubblica a una popolazione di diecimila persone indigenti".