Ormai è quotidiano lo scambio di accuse, frecciatine, battute tra il ministro dell'Interno Matteo Salvini e la sindaca di Roma Virginia Raggi. Lo schema è sempre lo stesso: Salvini attacca, Raggi risponde e rilancia. Il primo sembra ossessionato da guidare al più presto le sue truppe a occupare il Campidoglio, e come un mantra in ogni occasione possibile (e non gli mancano) attacca a parlare dei topi di Roma e dell'immondizia, la seconda è troppo indebolita da inchieste e difficoltà amministrative per poter rispondere in modo efficace e pacato, e così suo malgrado è costretta ad alzare i toni. In più nella continua competizione con l'alleato e socio di governo, il leader della Lega ha gioco facile a sparare ad alzo zero contro Raggi il cui indice di gradimento non è che sia propriamente alle stelle. Alla fine ieri Luigi Di Maio è dovuto intervenire per difendere la sindaca del suo partito. Una presa di parola che è proprio il minimo sindacale: "Su Roma non rispondo nel merito, perché ce l'hanno lasciata così centrosinistra e centrodestra". Come a dire non è colpa sua, prendersela con Virginia è fin troppo facile, un po' debole da parte del leader del Movimento 5 stelle.
Nella campagna elettorale permanente in cui siamo immersi la questione romana, che pur esiste in tutta la sua evidente gravità, è affrontata solo nei suoi epifenomeni flatulenti e zoologici: il gabbiano rapace che mangia il topo, il topo che impertinente cammina per i marciapiedi, l'immondizia che tracima dai cassonetti e richiama orde di cinghiali. Per non parlare dei flambus e delle infinite rappresentazioni del degrado della città, diventato ormai un topos letterario, giornalistico, politico. E come tutti i cliché alla fine diventa noioso, sempre uguale a se stesso e soprattutto consente solo di vedere quello che c'è in superficie, impedendo di andare più in profondità.
Lo scambio quotidiano e infuocato tra Salvini e Raggi alla fine stufa. Perché va bene la polemica politica, ma oltre a fotografare la realtà, sarebbe utile che il dibattito pubblico aiutasse a uscire dalle secche in cui siamo. Questo non vuol dire fare un generico appello al bon ton e al galateo istituzionale: che ben venga lo scontro politico, l'asprezza della battaglia delle idee, la mobilitazione contro l'avversario. Il problema è che qua di idee ce ne sono pochine, e di mobilitazione per nulla. La città va avanti come consegnata a un destino ineluttabile mentre una minoranza di fan fa il tifo per il suo beniamino sui social network, beandosi di come l'abbia suonata e cantata all'avversario.
Perché invece non cominciamo a discutere sul serio di 4 o 5 temi. Ne suggeriamo alcuni ma potrebbero essercene altri:
Roma ha bisogno di un nuovo statuto istituzionale, con poteri più simili a quelli di una regione che di un comune?
Atac e trasporti: come si rilancia il servizio pubblico, e soprattutto con quali investimenti?
Mafie: interi quartieri sono in mano alla criminalità organizzata. Oltre le ruspe e gli arresti come si salvano migliaia di ragazzi e ragazze da essere messi a stipendio nelle piazze di spaccio?
Emergenza casa: ne vogliamo discutere solo quando due famiglie si litigano un alloggio popolare tra chi è costretto a occupare e chi si è visto dopo anni assegnare una casa?
Ama: come si chiude, senza promesse irrealizzabili ma con tempi certi, il ciclo dei rifiuti della capitale?
Fateci sapere quando avete voglia di parlarne.