Il braccio di ferro tra il Campidoglio e il cda di Ama sul bilancio della municipalizzata sembra ormai essere arrivato a un punto di non ritorno. L'ad Lorenzo Bagnacani, nominato dalla stessa sindaca Virginia Raggi, ora sarebbe pronto a lasciare, esasperato da una situazione che ritiene frutto di determinate scelte politiche e non del dissesto dell'azienda di cui è al timone. Trovare qualcuno disposto a sostituirlo sarà però tutt'altro che semplice. Si cerca "un fedelissimo" del Movimento 5 stelle, ma i curriculum scarseggiano.
Intanto arriva la notizia che le banche hanno chiuse le linee di credito, visto che l'azienda non ha ancora approvato il bilancio del 2017. Ora i servizi e il pagamento degli stipendi sono davvero a rischio: l'allarme era stato lanciato appena due giorni fa dallo stesso Bagnacani in una lettera rivolta all'amministrazione, ma ora la prospettiva si fa realistica. Per non chiudere le linee di finanziamento le banche chiedevano l'approvazione del bilancio 2017, la garanzia da Roma Capitale della copertura dei prestiti e il contratto di servizio rinnovato. Nessuno di questi tre documenti è pervenuto e le casse di Ama sono sempre più vuote, tanto che già dal mese prossimo se la situazione non si sblocca l'azienda dovrà decidere se pagare gli stipendi o i fornitori.
Lo scontro tra il gruppo dirigente di Ama e la proprietà, ovvero il comune di Roma, rischia produrre conseguenze irreversibili, un'escalation che forse neanche i protagonisti controllano più. Anche perché ora è arrivata anche la Guardia di Finanza negli uffici dell'azienda, acquisendo numerosi documenti su ordine della procura di Roma che ha aperto un'inchiesta, a partire proprio da un esposto dello stesso Bagnacani. La magistratura ora vuole vedere chiaro su quello che sta accadendo, e ha già ascoltato l'ex assessora Pinuccia Montanari, dimessasi proprio dopo la scelta della giunta di rispedire (ancora una volta) il bilancio al mittente, parlando di "una decisione ingiustificata".
C'è un disegno per far fallire Ama? A chi gioverebbe un eventuale commissariamento? Che partita sta giocando l'amministrazione Raggi, che di certo non vuole una nuova crisi dei rifiuti? Domande al momento senza una risposta mentre gli oltre 7000 dipendenti e tutti i romani si chiedono quale futuro per una delle aziende più importanti della città.