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Opinioni

Amatrice e le altre: impegniamoci per non farle diventare città fantasma

Solo Amatrice ha 71 frazioni. Un’antropizzazione molecolare e antichissima, che si amalgama in un tutt’uno con il paesaggio e che dopo il sisma rischia di scomparire per sempre. Impegniamoci affinché ciò non accada.
A cura di Valerio Renzi
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Duecentoquarantre morti. Questo il bilancio delle vittime che la scorsa notte ha devastato alcuni comuni a cavallo tra Lazio e Marche mentre scriviamo. Una conta destinata inevitabilmente a salire ancora. Paesi interi, borghi centenari, cancellati in pochi secondi. Le immagini aree ricordano il paesaggio di città bombardate da artiglieria e aviazione per settimane. Ad Arquata, Amatrice, Accumoli, Pescara del Tronto è bastata una scossa di poche decine di secondi di magnitudo 6.0.

"Amatrice non esiste più". Il primo commento ieri mattina del primo cittadino Sergio Pirozzi: di minuti in minuto, quando la dimensione della distruzione si faceva mano mano più chiara la conferma che quella frase era tutt'altro che esagerata. Ieri Matteo Renzi è volato ad Amatrice, ha visitato con il ministro Del Rio il centro del paese, incontrato i vertici della Protezione Civile e delle istituzioni locali. La promessa è ovvia: le risorse saranno immediatamente stanziate, l'impegno per la ricostruzione immediato.

Il rischio che Amatrice e le altre diventino ghost town è concreto. Per non parlare delle frazioni, un'antropizzazione antica e capillare: Aleggia, Bagnolo, Capricchia, Casale, Casale Bucci, Casale Nadalucci, Casalene, Casale Nibbi, Casali della Meta, Cascello, Castel Trione, Collalto, Collecreta, Collegentilesco, Collemagrone, Collemoresco, Collepagliuca, Colletroio, Colli, Conche, Configno, Cornelle di Sopra, Cornelle di Sotto, Cornillo Nuovo, Cornillo Vecchio, Cossara, Cossito, Crognale, Domo, Faizzone, Ferrazza, Filetta, Fiumatello, Francucciano, Forcelle, Moletano, Musicchio, Nommisci, Osteria della Meta, Pasciano, Patàrico, Petrana, Pinaco Arafranca, Poggio Castellano, Poggio Vitellino, Prato, Preta, Rio, Retrosi, Roccapassa, Rocchetta, Saletta, San Benedetto, San Capone, San Giorgio, San Lorenzo a Pinaco, San Martino, Santa Giusta, Sant'Angelo, San Tomasso, Saletta, Scai, Sommati, Torrita, Torritella, Varoni, Villa San Cipriano, Villa San Lorenzo a Flaviano, Voceto.

Leggendoli uno per uno ci si rende conto del patrimonio che rischia di andare perduto. Paesini per lo più disabitati in inverno, tenuti in piedi dall'amore dei proprietari delle abitazioni, utilizzate come secondo case. Da chi ormai magari ha vissuto tutta la vita a Roma o in altre città, ma che qui coltiva con affetto le proprie radici, le case dei padri e delle madri, dei nonni e delle nonne. Settantuno frazioni, solo nel caso del centro reatino, il più grande colpito, che già in questo momento sono vuote. Le case danneggiate o inagibili, i proprietari che per il momento sono stati invitati ad allontanarsi.

Oltre i proclami, se non si costruirà un lavoro certosino di ricucitura e ascolto, Amatrice e le altre rischiano di scomparire per sempre. Insediamenti umani antichissimi, già di epoca preromana, un paesaggio unico, una ricchezza culturale che potrebbe venire cancellata per sempre. Serviranno soldi per ricostruire, ma anche tenere unite le comunità, tornare a riempire come si può i paesi nei week end e per le vacanze, costruire occasioni di socialità e lavoro collettivo che rappresentino anche una ricchezza per il territorio.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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