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Omicidio Marco Vannini

Amore criminale: la storia di Marco Vannini, ucciso a vent’anni da un proiettile

Morto per un colpo di pistola nella casa della ragazza che amava. La storia di Marco Vannini, ventenne di Cerveteri ucciso da un proiettile il 18 maggio del 2015, nella villetta della famiglia Ciontoli a Ladispoli, è il caso della puntata di ‘Amore Criminale’ del 9 febbraio 2020, in onda alle 21 e 20 su Rai Tre.
A cura di Angela Marino
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Marco Vannini e Martina Ciontoli
Marco Vannini e Martina Ciontoli
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Ucciso da un colpo di pistola nella casa della ragazza che amava. L'omicidio di Marco Vannini, ventenne di Cerveteri ucciso nella casa della fidanzata a Ladispoli (Roma), il 18 maggio 2015, è al centro della puntata di ‘Amore Criminale‘ del 9 febbraio 2020, in onda alle 21 e 20 su Rai Tre. Ecco, dall'inizio dell'amore con Martina alla sentenza di Cassazione, la storia di Marco Vannini.

Una notte, nella villetta di Ladispoli

La storia che per cinque anni ha tenuto l'Italia con il fiato sospeso è cominciata in una casa di Ladispoli. La villetta di via Alcide De Gasperi che abbiamo visto nelle foto con i contrassegni dei reperti e il nastro giallo e dove quella notte esplose il fragore forte dello sparo, un tempo risuonava di risate, voci allegre. Proprio come era quando Marco e Martina si sono conosciuti.

L'amore Marco Vannini e Martina Ciontoli

Marco, vent'anni, era l'unico figlio di Valerio Vannini e Marina Conte, aveva conosciuto Martina tre anni prima di quella tragica notte. All'epoca Marco studiava, lavorava come bagnino in uno stabilimento balneare ed era conosciuto da tutti per il suo carattere solare e generoso. Per Marina e Carlo era un figlio amatissimo, ma non viziato, tanto da tutti Marco era giudicato un giovane uomo responsabile e maturo. Aveva conosciuto Martina tre anni prima di quella tragica notte. Originaria di Ladispoli, dove viveva nella casa di famiglia con papà Antonio Ciontoli, mamma Maria Pezzillo e il fratello Federico. La loro era una famiglia unita sotto la guida del padre Antonio, che a Ladispoli ricopriva un ruolo sociale di tutto rispetto: sottufficiale della Marina militare distaccato ai servizi segreti.

La gelosia di Martina

Martina  e Marco venivano da mondi diversi eppure si erano trovati e innamorati così profondamente da diventare con i rispettivi genitori, una sola grande famiglia. Mamma Marina, tuttavia, aveva l'impressione che l'amore di Martina avesse qualcosa di ossessivo, che lei volesse Marco solo per sé: "Era molto possessiva con Marco, non lo faceva uscire con gli amici. Era anche gelosa di noi". dice. Dopo tre anni di storia pero i loro percorsi avevano cominciato a prendere direzioni diverse.

La frattura

Martina, infatti, voleva diventare infermiera, mentre Marco coltivava il sogno di diventare pilota delle Frecce tricolore. Per farlo aveva chiesto aiuto al suocero Antonio, che lo aveva guidato nella preparazione dell'incartamento per l'ammissione in Accademia. "Martina – commenta ancora mamma Marina – non voleva che facesse il militare. Per questo c'erano stati forti scontri tra loro perché lei diceva che se Marco fosse andato a fare il militare poi l'avrebbe perso". Dopo tre anni di fidanzamento Marco e Martina si erano allontanati ed erano arrivati a lasciarsi per poi tornare insieme due settimane prima della notte di morte di Ladispoli.

Le liti

A metterli l'uno contro l'altro, sempre stando ai ricordi di mamma Marina, sarebbe stata proprio un episodio legato alla domanda di ammissione al concorso per l'Accademia. Marco, infatti, si era visto respingere la domanda di ammissione preparata insieme al suocero Antonio per un particolare banale: nelle carte mancava un certificato. Dimenticanza o boicottaggio? Possibile che Ciontoli, così esperto, così preparato, si fosse dimenticato di farli inserire quel documento? E se invece il padre avesse agito mosso dall'amore per la propria figlia e dal desiderio di proteggerla dalla delusione amorosa.

Il sogno della carriera militare

"Abbiamo fatto come volevi tu, ora facciamo a modo nostro", si impunta Marina con Marco, che dopo essersi consultato con i suoi decide di affidarsi allo zio Roberto, per la preparazione della domanda. E nel suo ufficio gli racconta cosa è successo e perché il suo intervento deve restare un ‘segreto'. "Ho paura che mi abbiano boicottato", dice allo zio, poi si raccomanda: "non si deve sapere (che mi stai aiutando) altrimenti succede un casino".

La morte di Marco Vannini

Il 17 maggio 2015, domenica, pochi giorni dopo, la famiglia Vannini si riunisce nel casale di campagna a Bracciano. Marco lavora nello stabilimento balneare, Martina, arrivata al ‘casaletto', pranza con la famiglia da sola. A tavola lo zio Roberto si lascia scappare una frase sulla visita di Marco. "Sono stato molto felice". "Perché è venuto da te?", interviene Martina, che ha già capito tutto ed è turbata. Poco dopo senza aver ricevuto risposte lascia il casale e scrive a Marco due messaggi in cui chiede cosa stia succedendo. Marco non risponde,.

‘Lo vedi, papà?!'

La sera i ragazzi si ritrovano nella villetta di via De Gasperi. Con loro, stando ai racconti che emergeranno dopo, ci sono papà Antonio Ciontoli, mamma Mary, Federico e Viola Giorgini, la sua fidanzata. In casa Ciontoli, racconteranno poi i vicini, si sentono voci concitate che discutono: "Lo vedi, papà?!", ripete, afflitta, una voce femminile. Poi intorno alle 23, un fragore forte come ‘uno specchio che cade e si infrange in mille pezzi'. È il colpo della Beretta calibro 9 di Ciontoli.

Quel ‘buchino' nel braccio di Marco

Si susseguono chiamate surreali al 118. Si parla di uno scherzo, di un pettine che ha fatto ‘un buchino' sul braccio di Marco, di pallori e di panico. Ci si consulta, si temporeggia, si concertano versioni. Intanto quella pallottola è arrivata al cuore di quel ragazzo che si lamenta, stremato, urla. Marco se ne sta andando mentre la sua seconda famiglia si preoccupa solo della propria posizione. Muore al PIT qualche ora dopo. Con un intervento tempestivo Marco Vannini si sarebbe salvato, diranno i medici.

Il caso a Chi l'ha visto

Il caso intanto finisce nell'occhio del programma Chi l'ha visto, che dedica numerosi approfondimenti ai documenti che emergono. Grande impressione sull'opinione pubblica fanno gli audio del 118 con le bugie dette spudoratamente a chi per lavoro presta soccorso agli altri e non ha potuto soccorrere Marco per la falsificazione della realtà offerta da chi parlava a quel telefono.

Marco Vannini ucciso, ma era uno ‘scherzo'

Si va in Tribunale per omicidio. Ciontoli, che si assume la responsabilità di aver sparato a Marco, mentre gli puntava ‘per scherzo' la pistola nel bagno di casa, dove il genero faceva la doccia, incassa una condanna a 15 anni in primo grado. Pene minori per gli altri, assolta la Giorgini per omissione di soccorso. Marina Conte urlante viene ripresa dal giudice alla lettura del verdetto.

Ciontoli condannato a 5 anni

In appello la condanna passa a cinque anni di carcere. Intanto Antonio Ciontoli, che è sempre rimasto libero in attesa di giudizio, compare dinnanzi a un altro tribunale, quello televisivo di Franca Leosini a ‘Storie Maledette‘. Vittimista, l'ex agente dei Servizi Segreti si lamenta dell'inferno che sta passando da quando sulla sua testa è piovuta quella tragedia. Hanno dovuto lasciare Ladispoli, vivono nel completo anonimato in località diverse, per sfuggire all'odio della gente. "Quanto vale la vita umana", chiede la giornalista, "beh l'ergastolo", risponde Ciontoli. Aveva già presentato ricorso contro la pena di cinque anni.

La Cassazione annulla la sentenza: appello da rifare

Come i Ciontoli, anche i Vannini sono esposti mediaticamente. In una intervista Marina Conte, ormai stremata dalla vicenda, confessa di ritenere che a sparare a Marco fosse stato Federico Ciontoli, coperto dal padre, ma il test della polvere da sparo eseguito sui componenti della famiglia dopo i fatti, conferma che a esplodere il colpo è stato Antonio. Sgombrato il campo da questi dubbi si attende la Cassazione che, contro ogni previsione, annulla la sentenza e rinvia a un nuovo processo per omicidio volontario. Si ripartirà da lì, dalle aule di tribunale e al contrario di quanto secondo i Ciontoli si stava facendo quella sera, in casa, stavolta non si scherzerà.

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