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Omicidio Marco Vannini

Omicidio Marco Vannini, processo da rifare: “Non è morto per lo sparo, ma per ritardo nei soccorsi”

Sono passati quasi cinque anni dalla morte di Marco Vannini, il giovane di Cerveteri ucciso da un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli. La Corte d’Appello lo aveva condannato a cinque anni per omicidio colposo, la Cassazione ha annullato la sentenza. Per la procuratrice generale non è stato il proiettile a uccidere Marco, ma l’incredibile ritardo nei soccorsi, chiamati dopo 110 minuti.
A cura di Natascia Grbic
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L'omicidio di Marco Vannini
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"Vannini non è morto per il colpo d'arma da fuoco, ma per il ritardo di 110 minuti nei soccorsi". Sono queste le parole con cui la procuratrice generale Elisabetta Cennicola ha chiesto alla Cassazione di riaprire il processo per la morte di Marco. "Vi era un'altissima probabilità dell'evento morte: chi mette una bomba su un aereo può prevedere un'esplosione, e in questo caso man mano che passava il tempo il proiettile si trasformava in una bomba". La Suprema Corte ha accolto le ragioni addotte dalla pg e ha deciso: il processo è da rifare. Per Cennicola, Antonio Ciontoli sparò volontariamente per uccidere, quel proiettile non fu un errore. Anche Franco Coppi, avvocato di parte civile della famiglia di Marco Vannini, ha sottolineato questo aspetto nella sua arringa difensiva, spiegando che il giovane "è stato colpito da un'arma micidiale, lo sparo gli ha trapassato cuore e polmone, e una costola, e si è fermato sotto i muscoli del petto. Il cuore di Marco ha continuato a pompare sangue fino alla fine, si sarebbe salvato se lo avessero soccorso, come ha riconosciuto con onestà lo stesso consulente della difesa".

Omicidio Vannini, confermate condanne per resto famiglia Ciontoli

Antonio Ciontoli riandrà quindi a processo. Le condanne per i due figli, Federico e Martina, e per la moglie, sono state invece confermate. Perché invece di soccorrere Marco, portarlo in ospedale e salvargli la vita, hanno solo cercato di nascondere l'accaduto, perdendo tempo e scrivendo la parola ‘fine' nelle vita del ragazzo. Un giovane di soli vent'anni che se portato immediatamente in ospedale – e non ore dopo com'è invece avvenuto – si sarebbe salvato. E magari avrebbe raccontato cos'è veramente accaduto nella villetta di Ladispoli, dando una versione della storia più convincente di quella raccontata dalla famiglia Ciontoli.

La morte di Marco Vannini

Non si sa bene cosa sia accaduto la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015. Marco si trovava a casa della fidanzata Martina: una cosa normale, accadeva spesso che cenasse con la famiglia della ragazza. Dopo aver finito di mangiare, il giovane sarebbe andato a farsi la doccia. Ed è qui che, secondo il racconto di Antonio Ciontoli, sarebbe stato colpito da un proiettile. Ciontoli avrebbe sparato per sbaglio, il colpo sarebbe partito per errore mentre faceva vedere l'arma a Marco. L'ambulanza però, è stata chiamata più di un'ora dopo, quando Marco ormai era in fin di vita: e una volta arrivata, Ciontoli ha dichiarato che il ragazzo si era ferito scivolando sulla punta di un pettine. Una versione ritenuta credibile dalla Corte d'Appello, che aveva condannato l'uomo a cinque anni di carcere per omicidio colposo. Quella storia però, non convince la Cassazione: Ciontoli andrà di nuovo a processo.

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