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A Roma non esiste un movimento antimafia (ed è un problema)

A Roma si parla tanto, ogni tanto a sproposito, di mafie. Ma un movimento antimafia non c’è. Oltre le petizioni di principio società civile, istituzioni e corpi intermedi non mettono in atto quotidianamente pratiche antimafia. Ma ci sono delle esperienze che danno delle indicazioni di lavoro possibili: sono AP- Accademia popolare dell’antimafia e dei diritti e la Rete dei Numeri Pari.
A cura di Valerio Renzi
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A Roma non esiste un movimento antimafia. Dopo anni di negazionismo, nessuno si sogna più dire che le mafie nelle capitale non esistono – pena la pubblica ostracizzazione – anzi il dibattito è ora diventato di specie: quali mafie? Quella autoctone o quelle d'importazione? Mafia Capitale era davvero mafia? Addirittura geografico, con mappe che dividono la città in zone d'influenza di famiglie e clan: dove comandano i Casamonica? E gli Spada governano ancora a Nuova Ostia?

Delle mafie a Roma non si è mai parlato così tanto, purtroppo spesso anche a sproposito. Ma il paradosso è che non esiste un movimento antimafia radicato nei territori. Le storiche associazioni (come Libera) sono relativamente deboli e, nonostante il meritorio lavoro sui beni confiscati, non hanno mai raggiunto il radicamento di massa che hanno ad esempio nelle grandi aree urbane del Sud Italia. Il problema del racket è ancora percepito come vergogna e le reti di sostegno ai commercianti e gli imprenditori che vogliono denunciare sono ancora troppo invisibili.

Ma soprattutto a Roma non esiste un movimento antimafia perché non esistono pratiche antimafia diffuse. Tutto si ferma a un'enunciazione di principio ("no alla mafia a Roma", o a Tor Bella Monaca, Ostia e via discorrendo), distante dalle pratiche quotidiane di istituzioni, scuole, associazioni, corpi intermedi. La consapevolezza di quanto i capitali mafiosi permeano e disegnano la città è limitata agli addetti ai lavori, così di quanto il welfare mafioso abbia un peso – connesso soprattutto allo spaccio di stupefacenti – nelle zone più povere della città. Il "modello Scampia" ha cambiato il volto di intere zone della città, così come gli investimenti di capitali mafiosi ha cambiato la morfologia di interi quartieri. Questi sono i fatti che coinvolgono le vite di centinaia di migliaia di persone, che però nessuno affronta.

Ci sono però delle esperienze che danno delle indicazioni, un metodo di lavoro per chi voglia dare oggi il suo contributo alla nascita di un movimento antimafia a Roma. Parliamo di Ap – Accademia popolare antimafia e dei diritti promossa dall'Associazione daSud che da sempre si occupa di mafie a Roma con campagne, incontri, pubblicazioni. Gli attivisti hanno deciso di lasciare la loro sede del Pigneto, per mettere radici all'interno dell'istituto tecnico Enzo Ferrari di Cinecittà/Don Bosco. Alla periferia Sud-Est di Roma, in un territorio ad alta densità mafiosa, hanno scelto come terreno privilegiato di intervento una scuola, per arricchire il programma formativo dei ragazzi e combattere la dispersione scolastica, ma anche per aprire l'istituto al territorio con un teatro e una biblioteca.

All'ISS Ferrari è finito da poco il festival ReStart, che tra musica e incontri ha visto anche la gradita visita della sindaca Virginia Raggi, venuta a vedere con i suoi occhi il lavoro che si fa in questa scuola. Alla prima cittadina l'Associazione daSud ha strappato l'impegno di convocare gli stati generali dell'antimafia a Roma. Uno spazio da costruire insieme, associazione e società civile, pern conoscere quanto sta accadendo in città, e per confrontarsi.

C'è poi la Rete dei Numeri Pari che si occupa di contrasto alle povertà e di giustizia sociale. Qui l'intuizione è stata di Libera: mettere insieme realtà sociali e associazioni su un programma minimo che abbia al centro l'uguaglianza nella società. Nasce così un modello di pratica antimafia che mette al centro non solo il dogma, spesso scivoloso quando si parla di fragilità sociali, della legalità, ma soprattutto quello dell'equità. O meglio: la Rete dei Numeri Pari pretende che le leggi e le istituzioni democratiche garantiscano prima di tutto una vita degna a tutti i cittadini. Così troviamo insieme rifugiati e occupanti di casa, volontari laici e cattolici, costruire una nuova alleanza nella consapevolezza che lottare contro le mafie senza lottare per la giustizia sociale è una battaglia persa. Oggi le famiglie che vivono nel palazzo di via del Caravaggio a rischio di sgombero, incontreranno assieme alla Rete incontreranno Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze e diversità, Marco Damilano  direttore dell'Espresso e Giuseppe De Marzo di Libera.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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