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Pizzerie e bar del centro in mano alla camorra: così le mafie si comprano Roma

A Roma la mafia esiste, lo dicono le sentenze che cominciano ad arrivare e i sequestri. Oggi è stato confiscato un impero economico da 80 milioni di euro a tre imprenditori che riciclavano i soldi dei clan di camorra nella capitale. Tra i beni incamerati dallo stato bar e pizzerie: il numero di beni sequestrati alla criminalità organizzata ormai può far parlare di un tessuto economico inquinato dai soldi delle mafie.
A cura di Valerio Renzi
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Nonostante anche di fronte all'evidenza in molti, anche esimi rappresentanti delle istituzioni, abbiano negato fino a quando è stato possibile, ormai è sotto gli occhi di tutti: la mafia a Roma c'è eccome. C'è una mafia locale e le mafie classiche, soprattutto la ‘ndrangheta e la camorra. A Roma le mafie controllano intere zone della città, palmo a palmo, le inondando di droga. Palazzi con le grate ai portoni e ragazzini di vedetta, come si vede in Gomorra. Il X municipio, Ostia, non andrà al voto il prossimo 5 giugno perché commissariato per infiltrazione mafiosa, mentre il processo "Alba Nuova" ai clan del litorale si è concluso con le prime condanne per 416 bis (associazione mafiosa) nella capitale.

Oggi i carabinieri hanno confiscato beni per 80 milioni a tre fratelli imprenditoriLuigi, Antonio e Salvatore Righi, trasferitisi in città da Napoli negli anni '90. La famiglia Righi, da quanto ribadiscono gli inquirenti, aveva fatto il suo ingresso nel mondo degli affari partecipando al rapimento del gioielliere Luigi Presta nel 1983. In via Foria, nel capoluogo partenopeo, il padre aveva una piccola pizzeria "Da Ciro", e proprio così avevano deciso di battezzare le loro pizzerie nel centro di Roma i tre fratelli, titolari di un impero economico tirato su con i soldi della camorra.

Una rete di società, per la maggior parte fittizie e intestate a prestanome, con cui venivano reinvestiti i soldi del clan Contini, ai vertici dell'Alleanza di Secondigliano, un'organizzazione che si è distinta negli ultimi due decenni per una spiccata capacità imprenditoriale. Ma come si suol dire pecunia non olet e i fratelli Righi, che negli avrebbero acquisito un certo margine di autonomia, hanno intrattenuto, secondo gli inquirenti, rapporti d'affari con esponenti vicini ai clan storicamente rivali dei Contini, come i Mazzarella con cui combatterono una sanguinosa guerra di camorra sul finire degli anni '90.

Colletti bianchi a disposizione della criminalità organizzata, pronti a far riversare nel centro della città fiumi di denaro sporco. Bar, ristoranti e pizzerie, molti dei quali proprio oggi sono stati incamerati dallo stato come beni sequestrati alla mafia. All'ombra dei palazzi del potere, romani e turisti mangiano e bevano ignari nei locali della criminalità organizzata. Un fiume di denaro che finisce per inquinare profondamente il tessuto economico cittadino, vista la vastità del fenomeno, che collegando i puntini delle inchieste e dei sequestri balza agli occhi Altri sequestri eccellenti nelle vie più famose del centro: solo qualche mese fa i sigilli venivano messi a tre locali a due passi dal Pantheon "Il Faciolaro", "La Rotonda" e "Il Barroccio", tutti di proprietà di un imprenditore in odor di ‘ndrangheta. La pervasività dell'investimento delle mafie sul tessuto economico romano, in particolare nelle attività di ristorazione, era emerso a partire dal 2009 quando fu sequestrato uno dei gioielli della Dolce Vita: il Café de Paris di via Veneto era finito in mano alla ‘ndrangheta, in particolare alla ‘ndrina degli Alvaro.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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