"La Sindaca di Roma Virginia Raggi ha chiesto a tutte le strutture competenti di Roma Capitale di verificare fattibilità ed eventuali modalità per partecipare all’asta giudiziaria finalizzata all’acquisizione dell’immobile Atac situato in via Lucio Sestio 10. L’obiettivo è quello di destinare poi l’edificio ad attività come quelle già svolte dall’associazione Lucha Y Siesta. Proseguono inoltre i colloqui tra gli operatori di Roma Capitale e le donne vittime di violenza ospitate, anche insieme ad alcuni bambini, nell’immobile". È questo il testo diramato oggi dal Campidoglio in relazione alla vicenda di Lucha y Siesta, casa rifugio per le donne vittime di violenza messa all'asta da Atac per sanare i debiti della società. In sintesi, Virginia Raggi vuole partecipare all'asta e vedere se ci sono i requisiti per far acquistare lo stabile al Comune di Roma. Ma non è garantita la continuità del progetto di Lucha y Siesta. Insomma, allo stato attuale c'è una generica idea di far sì che il palazzo continui ad avere all'interno progetti riservati alle donne, e basati sul modello di Lucha. Ma senza Lucha.
Fonti interne al Campidoglio hanno spiegato a Fanpage.it che i passi successivi all'acquisto (ancora da verificare) dell'immobile, non sono stati chiariti. Forse verrà consentito alle attiviste di Lucha y Siesta di continuare a operare. O forse no, dipende se l'amministrazione capitolina deciderà di assegnare il posto tramite bando pubblico. E non è detto che le attiviste di Lucha possano vincere, o anche solo partecipare. La situazione è ancora in via di definizione.
Se il futuro di Lucha y Siesta non è ancora chiaro, è invece cristallina l'incapacità dell'amministrazione capitolina nel recepire le istanze della città di Roma, soprattutto quelle delle donne. Alle quali dovrebbe essere garantita – secondo la Convenzione di Istanbul ratificata dall'Italia – una casa rifugio ogni 10mila abitanti. A Roma, una città con più di tre milioni di residenti, ci sono appena 39 posti letto. Dal 2008 Lucha y Siesta offre gratuitamente ospitalità, assistenza materiale e psicologica alle donne e ai bambini che fuggono da contesti familiari pericolosi e violenti. Lo ha fatto nel totale disinteresse del comune di Roma e dei sindaci che si sono succeduti nel corso degli anni. È singolare che proprio la prima sindaca donna di Roma voglia sgomberare un'esperienza così importante per la città. Da mesi il Comune assicura che si sta occupando di farsi carico dei minori e delle donne ospitate a Lucha y Siesta: e, se in un primo tempo aveva spiegato che la soluzione sarebbe stata trovata ‘entro la fine della settimana', a gennaio 2020 è ormai chiaro che la settimana è passata e che il leit motiv si ripete in ogni comunicato.
Roma è città record per femmicidi. Gli episodi di violenza nei confronti delle donne sono all'ordine del giorno. Uscire da relazioni tossiche e allontanare uomini maltrattanti non è una cosa semplice. Grazie al prezioso lavoro portato avanti dalle attiviste, che offrono percorsi di fuoriuscita dalla violenza personalizzati e basati sui bisogni delle singole individualità, centinaia di donne si sono costruite una nuova vita. Cancellare Lucha y Siesta dalla cartina, è la ferita più grossa che si possa infliggere a questa città.