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Uccide i figli in carcere a Rebibbia. Bambin Gesù: “Non è possibile l’espianto degli organi”

L’espianto degli organi dal corpo di Divine non è stato possibile. Il bambino in condizione di morte cerebrale è stato lanciato dalla madre dalle scale nella sezione nido del carcere di Rebibbia. Il piccolo si trova nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Bambin Gesù. I carabinieri e l’Interpol avevano trovato il padre per chiedere l’autorizzazione.
A cura di Alessia Rabbai
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"Non è stato possibile procedere, purtroppo, con l’espianto degli organi" dal corpo del piccolo Divine. Lo comunica in una nota l’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Il bambino si trova in reparto di terapia intensiva in condizioni di morte cerebrale dopo essere stato lanciato dalla mamma, insieme alla sorellina, dalle scale del carcere di Rebibbia. Un dramma condiviso dalle forze dell'ordine e dall'Autorità Giudiziaria che insieme ai medici hanno tentato l'impossibile per salvare almeno gli organi della giovane vittima e donare una speranza ad altri bambini.

Trovato il padre dei bambini uccisi a Rebibbia

Carabinieri e Interpol erano riusciti a raggiungere il padre dei due bambini per fargli firmare l'autorizzazione all'espianto degli organi. Ehis E., detenuto nigeriano, era in carcere in Germania. Dell'uomo non si avevano da tempo notizie. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Eleonora Fini avevano lanciato un appello attraverso gli organi d'informazione per trovarlo.

Detenuta uccide i figli nel carcere di Rebibbia

La tragedia si è consumata a Roma, dove il 18 settembre una detenuta ha lanciato dalle scale i suoi due bambini. Faith, la figlia di 6 mesi, è morta sul colpo, Divine, di un anno e mezzo, è arrivato in ospedale in condizioni disperate con un danno cerebrale severo. È stato sottoposto a supporto rianimatorio avanzato e in ventilazione meccanica. Poi, a un intervento neurochirurgico". Per il bambino non c'è stato purtroppo nulla da fare e i medici hanno dichiarato morte cerebrale. A rendere noto il fatto di cronaca è stato Lillo Di Mauro, a capo della Consulta penitenziaria e responsabile della struttura detentiva Casa di Leda, collegata al carcere romano di Rebibbia. La struttura è nata per accogliere le detenute con figli piccoli. La donna si trovava nella sezione ‘nido' dove sono ospitate le detenute con figli minori di tre anni. Si tratterebbe di una donna di origini tedesche con problemi psichici.

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