Marina Arduini, 39anni, è una commercialista di un piccolo studio di Frosinone. Vive con i suoi, è single e nel weekend si dedica ai nipoti. Una vita normale che è solo l’altra faccia di una realtà parallela fatta di traffici illeciti, minacce e ricatti, sullo sfondo la Roma delle cooperative fraudolente e dei faccendieri. Sono le ipotesi della indagine per l’omicidio della commercialista di Frosinone scomparsa nel 2007 e mai più ritrovata.
Secondo la Procura di Frosinone da quel mondo di affari sporchi Marina sarebbe stata inghiottita fino al punto di rimanerne uccisa e per mano della persona a lei più vicina. Angelo, imprenditore di Alatri con piccoli precedenti penali, titolare di una ditta di pulizie e suo compagno clandestino per circa dieci anni, è anche l’uomo sospettato di averla ammazzata e di averne fatto sparire il corpo. Negli ultimi giorni prima di morire, venuta a conoscenza di un affare combinato a sua insaputa, Marina era sul punto di dire basta e andare a denunciare la truffa.
La scomparsa
Tutto comincia a metà febbraio 2007, quando nell’ufficio di Marina, la Multiservice di Frosinone, dove è socia al 50 per cento, qualcuno entra mettendo a soqquadro i documenti. Forse cerca qualcosa, verosimilmente, non lo trova, perché alcuni giorni più tardi, con la scomparsa di Marina, il suo portatile e un hard disk esterno scompaiono con lei. Qualche giorno più tardi Marina si vede addebitare una rata di un finanziamento che non ha mai acceso. Si tratta dell’acquisto di piastrelle per 10mila euro per la ditta di Gianni, amico di Angelo, il suo uomo.
La relazione clandestina
Facciamo un passo indietro. Marina e Angelo si conoscono dieci anni prima, lei gestisce i contri di alcune società per il suo studio, lui, ha bisogno di una commercialista che ‘aggiusti’ alcuni suoi affari. Marina perde la testa per quell’uomo e lo asseconda in tutte le sue richieste, sperando in quel modo di tenerlo accanto a sé. Angelo, infatti, non è un uomo libero, è sposato e ha due figli. Tra pranzi d’affari e momenti romantici la loro storia va avanti per anni, un lasso di tempo lunghissimo in cui niente cambia. Per Angelo. L’uomo continua a vivere la sua vita familiare come se Marina non esistesse, mentre lei diventa sempre più triste e esasperata. Il 18 febbraio, quattro giorni dopo il raid nell’ufficio e subito dopo la scoperta del finanziamento stipulato all’insaputa di Marina, la situazione è a un passo dalla svolta.
La sorella sente Marina indirizzare parole di fuoco contro il compagno, al telefono. La donna vuole uscire da quell’affare più grosso di lei e in cui è stata usata o si è lasciata usare, per giri di denaro che andavano ben oltre i 10mila euro della ditta di piastrelle. Nell’ufficio della ‘Multiservice' Marina si occupa, per conto di Angelo, di affari di centinaia di migliaia di euro all’interno di società fantasma che venivano aperte e fatte fallire, al solo scopo di ottenere prestiti dalle banche. La mattina del 19 febbraio Marina avverte in ufficio che farà tardi e si dirige in Questura per sporgere denuncia, ma qualcuno, evidentemente, le fa cambiare idea, perché non solo non si presenta negli uffici di via Vado del Tufo, ma annulla l’appuntamento con l’addetta alle pulizie alle 13, al suo studio, perché lei non ci sarà.
Le prime indagini
Da allora sparisce. Una cliente del suo studio riferisce di averla intravista parlare al telefono alla stazione Termini di Roma, ma forse non è lei, perché gli indumenti descritti non sono quelli che indossava quando è uscita di casa. Nel pomeriggio il suo cellulare viene localizzato a Formia e a Salerno, ma non è chiaro se lo abbia in uso proprio lei. Se così fosse, Marina avrebbe lasciato il Lazio diretta in Campania, per motivi che nessuno dei suoi familiari conosce. Da allora è ufficialmente scomparsa. Si indaga poco, in quanto Marina, come si legge negli atti è ‘ormai quarantenne’. Il suo ‘allontamento volontario’ dagli affetti, dal lavoro e dalle sue cose, insomma, sembra deciso ancor prima di averla cercata.
Le minacce
Caso irrisolto, caso archiviato, almeno fino a quando, due anni dopo, una telefonata anonima ai carabinieri di Cinecittà non fa ritrovare l’auto di Marina. La Fiat Punto di colore chiaro viene trovata abbandonata a Roma, a due chilometri dalla Tuscolana, in piazza Aruleno Celio Sabino, dove, secondo le immagini di Google Maps, era parcheggiata dal giorno della scomparsa. È il 2009. Tre anni dopo, la famiglia compare alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ per chiedere giustizia e verità per Marina. Dopo che la Tv si occupa del caso qualcuno si introduce in casa Arduini mettendo in bella vista le foto di Marina. Il giorno dopo arriva la telefonata anonima: ‘Vi ammazziamo tutti’. Non è difficile immaginare che la stessa persona o le stesse persone che hanno ucciso Marina ora stanno minacciando i suoi familiari per dissuaderli dall’andare a fondo nella vicenda.
Caso riaperto
Nel 2017 si torna a indagare – questa volta con maggiore determinazione – sulla morte della commercialista. Sotto inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere c’è ancora Angelo, l’amante. Gianni, l'amico e complice nella presunta truffa della ditta di piastrelle – che nelle intercettazioni fu sentito dire ‘Stai tranquilla, finché non la trovano non possono fare il processo' – è deceduto nel 2016, ma, indagata per favoreggiamento c'è ancora Grazia, la segretaria alla quale l'uomo si stava rivolgendo nella conversazione intercettata. Tutti e tre nelle prime fasi delle indagini negarono di conoscere Marina, perfino Angelo, poi costretto ad ammettere la relazione. “Ho mentito perché ho moglie e figli – ha detto ai microfoni di Chiara Cazzaniga di Chi l'ha visto? – per questa menzogna ora sono sospettato”. Non è esattamente così.
Un alibi incerto e un movente sono i primi elementi a carico dell’imprenditore di Alatri, ma a chiudere il cerchio dovranno essere le prove. Nel 2007 le impronte dell’indagato non vennero prese e il magistrato respinse la richiesta di intercettazione della sua utenza. Oggi le indagini in corso a 360 gradi saranno in grado di chiarire il suo eventuale coinvolgimento e quello di altri. Da chiarire restano, soprattutto, gli affari della ‘Multiservice’, alcuni dei quali sono al centro di una inchiesta aperta dalla Procura di Cassino sulla Cooperativa di Cervaro, la cui contabilità era seguita proprio dalla Multiservice di Frosinone: le indagini ipotizzano una gestione poco chiara dei fondi destinati a profughi.