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Vittima di stalking dall’ex: “Libero di perseguitarmi, giudici aspettano il cadavere”

Simona Leto è vittima di lesioni, minacce e stalking dall’ex, già condannato in sede penale. “Nonostante tutto è libero e in base a quanto deciso dai giudici lo scorso 2 aprile può addirittura tornare ad abitare a casa mia. Quella casa è il suo strumento di ricatto contro di me. Ho chiesto aiuto alle autorità, ma non è servito, non mi resta altro che chiedere aiuto a voi: si fermerà solo davanti al mio cadavere”.
A cura di Angela Marino
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Simona Leto
Simona Leto

È convinta che solo i media possano aiutarla a salvarsi la vita, perché?

"Perché ho denunciato il mio ex una ventina di volte, ma lui si è sempre fatto beffa delle misure cautelari e restrittive. Mi ha minacciato davanti ai carabinieri e ora è libero. Lo Stato in cui credevo tanto non mi ha aiutata. Di recente gli è stato concesso perfino di tornare ad abitare a casa mia".

La casa è uno strumento di ritorsione?

"Esatto. Sono stata insieme a questa persona per dieci anni, abbiamo acquistato la casa dove vivo a Rignano Flaminio (Roma), nel 2007, mutuo al cento per cento. Dopo quattro anni lui mi chiede di acquistare la nuda proprietà del suo cinquanta per cento. Senza problemi, io compro con atto notarile la sua quota e lui si riserva il diritto di abitazione".

Poi la vostra storia finisce, perché?

"Scopro delle cose di lui che minano per sempre la stima e la fiducia nella persona e decido di interrompere la relazione. È allora che inizia l'inferno".

Cosa accade?

"Continuiamo a coabitare da separati. Lui non vuole vendere la casa, non vuole comprarla e non vuole pagare. Utilizza la questione casa come strumento di ricatto e di persecuzione, per la serie: Torniamo insieme e io riprendo a pagare. Conoscendomi sapeva bene che avrei continuato a pagare coprendo anche la sua quota. Sono fatta così, prima pago e poi se mi restano soldi, mangio".

Perché il suo ex non voleva pagare la casa?

"Non certo perché fosse indigente. Si rifiutava di pagare, ma andava al ristorante, giocava alle slot. Semplicemente non voleva spendere per il mutuo".

Ci sono stati episodi di violenza?

"Molti. La prima volta mi ha tirato un pugno in faccia perché voleva i soldi dalla mia borsa. L'episodio più grave avviene nel 2014 quando mi manda in ospedale con 20 giorni di prognosi. Da lì non ha più freni anche perché capisce che non gli succede nulla. Mi minaccia in continuazione. Ti spacco la testa, ti spezzo la spina dorsale, prima o poi t'ammazzo. Lo ha detto davanti a talmente tante persone che nel convocare i testimoni la Procura ha dovuto fare una selezione".

Ha presentato una ventina di denunce.

Una delle denunce sporte da Simona Leto
Una delle denunce sporte da Simona Leto

"Forse anche qualcuna in più. Solo a gennaio 2015 si sono stati 17 interventi dei carabinieri. Davanti a loro ha detto: prendo la pistola e ti sparo e i carabinieri non hanno fatto niente. Per cortesia, ho chiesto, dovete fare qualcosa, una perquisizione, verificate se ha veramente una pistola, ma niente".

Intanto coabitavate

"Ho messo delle sbarre di ferro nella mia parte, per proteggermi. Era l'unico modo di rispondere in maniera civile alla sua violenza. Lui, però, ha promosso un'azione possessoria perché gli avevo inibito una parte della casa. Contestualmente mi minacciava e minacciava i miei parenti. Chiamava mia madre dicendole: Preparati, organizza il funerale di tua figlia".

Viene emessa la prima misura cautelare, giusto?

"L'allontanamento dall'immobile e il divieto di avvicinarsi a me e di contattare le persone a me legate. È marzo 2015. Ovviamente per lui non significa nulla, continua a fare quello che faceva e la misura viene aggravata con il divieto di dimora nello stesso comune, Rignano. Neanche questa rispetta e il peggio è che fa tutto davanti alle autorità. La maggior parte delle cose accadute non le racconto io, sono presenti nelle annotazioni dei carabinieri. Non li temeva".

Intanto cosa succede?

"Arriviamo a giugno 2016, una sera tornando a casa mi accorgo che era alle mie spalle, mi stava seguendo. Mi chiudo in auto e chiamo i carabinieri e loro mi informano che la misura cautelare è stata revocata perché ha superato il tempo massimo di durata. Nessuno mi aveva avvertito, ero così infuriata. Il giorno dopo scrivo al procuratore per manifestargli la mia delusione, la mia paura. Volete il cadavere, volete che mi ammazzi?.

La procura emette una terza misura cautelare

"Il divieto di avvicinamento e, per il suo comportamento recidivo, viene disposto un giudizio immediato che termina nel 2017, con una condanna a un anno per stalking. Nel frattempo va avanti il procedimento principale per lesioni, che si conclude nel 2019 con una seconda condanna. Ricordo che la pm concluse così: l'obiettivo di quest'uomo è ucciderla".

Oggi è libero di tornare nella sua casa

"Malgrado le condanne lui è libero e ha il permesso di abitare a casa. In questi anni ha promosso una serie di azioni civili per poter rientrare. Nella prima il giudice civile gli consentiva di circolare in tutta casa e contemporaneamente il giudice penale lo allontanava, paradossalmente. Nelle successive i giudici hanno stabilito che avevo agito per legittima difesa, respingendo le sue azioni.

E ora?

"Il 2 aprile 2020 ha riproposto l'ennesima azione possessoria e la giudice civile gli ha dato il permesso di tornare a casa, non prendendo affatto in considerazione le sentenze penali perché oggetto delle valutazioni di altri giudici. Non so se abbia sottovalutato il rischio o semplicemente non le importi. Oggi, se non è ancora rientrato in casa è unicamente per la pandemia. L'ho detto, vogliono il cadavere".

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