Omicidio Vannini: tra una settimana la Cassazione metterà (forse) la parola fine sul processo
Manca l’ultimo atto sulla vicenda processuale sulla morte di Marco Vannini. O meglio, se sarà l’ultimo dipenderà solo dalla decisione che prenderanno gli ermellini il 7 febbraio. Manca una settimana alla tanto attesa decisione della Cassazione, che dovrà pronunciarsi sui ricorsi presentati da Procura e difesa contro la decisione di condannare Antonio Ciontoli a 5 anni per omicidio colposo e a 3 anni la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina. Perciò la richiesta è l'annullamento della sentenza e una riformulazione del reato in omicidio volontario. Dall’altra parte la difesa dei Ciontoli ha presentato ricorso per l'intera famiglia per ridurre la pena: per Antonio Ciontoli si chiede l'esclusione dell'aggravante della colpa cosciente mentre per la moglie e i due figli, la richiesta è la riqualificazione del reato in favoreggiamento e in subordine in omissione di soccorso.
L'attesa della famiglia di Marco
Marina e Valerio, i genitori di Marco hanno scelto di rimanere in religioso silenzio in questi giorni. Attendono con ansia e apprensione il 7 febbraio, lontano dalle televisioni e cronisti, dopo aver gridato per anni chiedendo giustizia per quell’unico figlio morto a 20 anni. E venerdì 7 febbraio i Vannini non saranno soli. Da tutta Italia si sono dati appuntamento a piazza dei Tribunali, a pochi passi dalla Cassazione, per "Una passeggiata per la Giustizia" come si può leggere dall'evento Facebook lanciato giorni fa. Una manifestazione silenziosa senza bandiere e striscioni per dare sostegno e solidarietà alla famiglia Vannini e in particolare ad una mamma e ad un papà che hanno fatto breccia nei cuori di tutti gli italiani con la loro tenacia e il loro grido disperato di verità e giustizia.
L'omicidio di Marco Vannini a Ladispoli
Marco Vannini è morto la notte del 17 maggio 2015 a causa di un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, padre della fidanzata Martina. Il giovane è morto durante il trasporto in eliambulanza all'ospedale Gemelli di Roma. Prima era stato portato al Pit di Ladispoli: quando i medici si sono resi conto che il giovane era stato colpito da un proiettile, hanno disposto d'urgenza il trasferimento. Era troppo tardi. Marco è morto a vent'anni dopo ore di agonia. La famiglia Ciontoli, infatti, ha aspettato ore prima di chiamare il 118 e far ricoverare Marco. Non solo: quando i soccorsi sono arrivati, Ciontoli padre ha detto all'infermiera che il ragazzo si era ‘ferito con un pettine a punta scivolando nella vasca‘. Una bugia che ha ritardato ulteriormente le cure per il povero Marco, ormai incosciente e preda di dolori lancinanti, che è morto poco dopo.
"Stavamo giocando con le pistole, mi aveva chiesto di vederle. Ho caricato ed ho sparato perché pensavo fosse scarica", ha dichiarato Antonio Ciontoli al processo. Il resto della famiglia afferma invece di non aver assistito al momento dello sparo e di non aver capito cosa fosse accaduto. Marco è rimasto un'ora nella villetta di Ladispoli, per sessanta minuti ha urlato dal dolore senza che nessuno facesse nulla. Una prima telefonata al 118 è stata annullata perché ‘sembrava che Marco si fosse ripreso'. All'operatrice è stato detto che il ragazzo aveva avuto un attacco di panico, ma che stava meglio. Solo a mezzanotte, quando ormai era chiaro che le condizioni del ventenne si erano aggravate, è stata richiamata l'ambulanza, senza però dire il vero motivo dell'urgenza. Alle 3.10, Marco Vannini è morto.