Sono state rese note le motivazioni con cui i giudici della Terza Corte d'Assise del Tribunale di Roma, hanno rifiutato uno sconto di pena per Valentino Talluto, ritenuto responsabile di aver consapevolmente contagiato con l'Hiv una trentina di donne, consumando almeno 200 rapporti sessuali non protetti in 9 anni. In quaranta pagine i giudici non solo ricostruiscono la vicenda, ma esprimono un giudizio severissimo sulla condotta di Talluto.
L'uomo non solo ha "speculato sui sentimenti delle vittime", ma "non ha dato segni di pentimento". Il lieve sconto di pena da 24 a 22 anni, è solo un fatto tecnico dunque, perché quattro partner non sono state contagiate e non è stato riconosciuto il reato di tentate lesioni. Di più, il reato di epidemia dolosa non è stato riconosciuto solo perché "l'Hiv non viene considerato un morbo a sviluppo rapido. E soprattutto il reato ipotizzato dal legislatore nel 1930 prevede che la materia contagiosa, cioè i germi, siano separati da chi li diffonde (ossia il contagio prevede sempre l'intervento della mano umana). E quindi impedisce di ritenere che il contagio umano possa qualificarsi come epidemia in senso giuridico".
"Talluto non merita le attenuanti così come riconosciuto dal primo giudice perché pur consapevole della gravità del male e del pericolo che derivava dalla sua condotta ha reiteratamente esposto al rischio di contagio un numero impressionante di ragazze, incurante delle conseguenze, protervo nel mendacio continuo," scrivono i giudici sottolineando la "ricerca ossessiva del piacere sessuale" a discapito della salute delle donne con cui aveva una relazione. E ancora: "Ciò che si rimprovera a Talluto è di aver tratto profitto dalla disponibilità delle sue partner speculando sui loro sentimenti e di aver avuto con loro plurimi rapporti tacendo la propria condizione di sieropositività. Non risultano inoltre significativi segni di resipiscenza".