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Casamonica: il Comune di Roma fa tardi e non viene ammesso come parte civile nel processo

Il giudice ha rigettato l’istanza di costituzione di parte civile da parte del Comune di Roma, nel processo con rito abbreviato vede imputati tre membri del clan Casamonica, con l’accusa di aver aggredito il proprietario di un bar e una cliente colpevoli di essersi liberati al loro potere. Secondo il giudice il Campidoglio ha fatto troppo tardi a presentare l’istanza.
A cura di Valerio Renzi
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Il gup Maria Paola Tomaselli non ha accettato la richiesta del Comune di Roma di costituzione di parte civile nel processo in corso nei confronti di Alfredo Di Silvio, del fratello Vincenzo e del nonno Enrico, ritenuti membri del clan Casamonica. Il Campidoglio per il giudice ha fatto tardi nel presentare l'istanza che è stata rigettata. Alfredo e Vincenzo, per il quale il pm Giovanni Musarò ha chiesto rispettivamente sei anni e di cinque anni e otto mesi di reclusione al termine del processo con rito abbreviato, sono accusati di aver aggredito il proprietario di un bar e una cliente in zona Romanina, per imporre e mostrare il loro potere. All'aggressione è accusato di aver partecipato anche Antonio Casamonica, che ha scelto però di affrontare il processo con rito ordinario. Enrico Di Silvio invece, in un momento successivo si sarebbe presentato al Roxy Bar per intimidire il proprietario e la moglie convincendoli a non sporgere denuncia. Il gup Maria Paola Tomaselli ha inflitto 4 anni e 10 mesi di reclusione ad Alfredo Di Silvio, 4 anni e 8 mesi al fratello Vincenzo e 3 anni e 2 mesi a nonno Enrico. Alfredo e Vincenzo, ancora in carcere, erano accusati di lesioni e violenza privata, mentre il nonno, attualmente ai domiciliari, doveva rispondere dell'accusa di minacce. È stata riconosciuta l'aggravante mafiosa.

"Le immagini dell'aggressione dei Casamonica nei confronti di una donna disabile e un barista sono inaccettabili. Le istituzioni non abbassano lo sguardo. Uniti contro la criminalità". Così aveva tuonato la sindaca Virginia Raggi quando la notizia del raid divenne pubblica, recandosi anche in visita al Roxy Bar per portare la sua solidarietà a Marian, il barista aggredito e alla moglie, che decisero di denunciare nonostante le minacce. L'assenza di Roma Capitale tra le parti vicili non è purtroppo un segnale incoraggiante da parte delle istituzioni.

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