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Via Scorticabove inizia lo sgombero: le ruspe demoliscono il presidio della comunità sudanese

È iniziato lo sgombero del presidio permanente dei rifugiati sudanesi di via Scorticabove. Sul posto decine di agenti della Polizia Locale e la polizia in assetto antisommossa. La comunità, sfrattata lo scorso luglio dal centro di accoglienza abbandonato dalla cooperativa, hanno in corso una trattativa con il comune di Roma per proseguire la loro esperienza di convivenza in un bene confiscato alle mafie.
A cura di Valerio Renzi
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È terminato lo sgombero della comunità sudanese di via Scorticabove, all'estrema periferia Est della capitale, da mesi in presidio fuori dal centro da cui erano stati allontanati lo scorso 5 luglio. Sul posto un ingente schieramento di Polizia Locale e della Digos, i rifugiati tutti titolari di protezione internazionale hanno annunciato di voler opporre resistenza passiva. Intanto gli agenti hanno già cominciato a smontare il presidio costituito da gazebo protetti da teloni, dove in questi mesi circa cinquanta persone hanno dormito e mangiato ogni giorno. Non si sono registrati momenti di particolare tensione. Per distruggere e rimuovere le strutture del presidio sono entrate in azione le ruspe, che hanno travolto anche gli averi dei rifugiati.

Nelle scorse settimane si sono svolti diversi incontri tra la comunità sudanese di via Scorticabove, sostenuta da una rete di associazioni e movimenti, e l'assessora alle Politiche Sociali di Roma Capitale Laura Baldassarre. L'ipotesi è quella di destinare al progetto di accoglienza e integrazione presentato dai rifugiati alle istituzioni, un bene confiscato alle mafie. Ma nel mentre che la trattativa era in corso è arrivata la notizia dello sgombero, che era già in programma per lo scorso mercoledì e che solo un blitz negli uffici dell'assessorato ha fatto rimandare di una settimana.

"Non abbiamo intenzione di arrenderci adesso. Non sarà la stanchezza, che pure abbiamo, a farci desistere dal continuare a lottare. Abbiamo un'ambizione grande, quella di aver assegnato un bene, da rendere non il nostro luogo ma quello di tutta la cittadinanza: offrendo servizi, organizzando attività, potenziando le nostre pratiche di mutualismo. E dimostrando, dunque, che è possibile realizzare una nuova convivenza più bella e più giusta", scrivevano solo ieri i rifugiati invitando tutti a sostenerli nel momento dello sgombero

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