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Uccide la convivente a colpi di piccozza: condannato a 30 anni, voleva il denaro per la cocaina

Emanuele Riggione ha ucciso lo scorso 5 agosto la convivente Elena Panetta nella casa dei lei al quartiere Statuario a Roma. La donna si era rifiutata di dargli nuovamente denaro con cui l’uomo avrebbe acquistato cocaina. Respinta la tesi della difesa sulla non capacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio dell’uomo.
A cura di Valerio Renzi
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L'arresto di Emanuele Riggione
L'arresto di Emanuele Riggione

Emanuele Riggione, 43 anni di Terracina, è stato condannato a 30 anni di carcere per omicidio volontario. L'uomo è stato arrestato il 6 agosto del 2018, dopo aver ucciso a colpi di piccozza Elena Panetta, 57 anni, con la quale conviveva nell'abitazione di lei al quartiere Statuario a Roma. Un omicidio brutale, per di più motivato da motivi futili: di fronte all'ennesima richiesta di denaro dell'uomo per acquistare cocaina, Elena si era rifiutata di accontentarlo e di non cedere all'estorsione. Un gesto di ribellione ha pagato con la vita: la bidella non è riuscita a fermare la furia omicida dell'uomo. Riggione, dopo alcune ore di fuga, si è costituito ai carabinieri di Latina confessando di essere l'autore dell'omicidio.

La difesa aveva sostenuto l'incapacità di intendere e di volere

L'udienza si è svolta di fronte al GUP Corrado Cappiello, che ha comminato all'uomo il massimo della pena nell'ambito del processo con rito abbreviato. La difesa del 43enne, rappresentato dai legali Angelo Palmieri e Adriana Anzeloni, aveva sostenuto la tesi che fosse incapace di intendere e di volere al momento dei fatti a causa della grande quantità di stupefacenti assunta. Droga che gli avrebbe impedito appunto di rendersi conto di quanto stesse facendo aggredendo a colpi di martello Elena Panetta. Una tesi smentita dal consulente della Procura che ha riconosciuto Riggione capace di intendere e volere. Una decisione di fronte alla quale i legali di Riggione hanno chiesto che venga sottoposto a una nuova perizia.

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